Ordinanza n. 19007/2018 della Suprema Corte – Presidente: Stalia Giacomo Maria – Relatore: Billi Stefania – Data pubblicazione: 17/07/2018

Accertamento fiscale presso terzi – secondo la suddetta ordinanza della Suprema Corte, apparentemente lungi da essere pro contribuente, l’Amministrazione Finanziaria, al fine di rideterminare il reddito del contribuente accertato, può utilizzare i verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di terzi contribuenti, senza obbligo di concessione al contribuente accertato del diritto al contraddittorio. Come se non bastasse, la Cassazione ha altresì dichiarato che l’Ufficio, corrispondentemente all’aumento dell’imponibile per i costi delle operazioni ritenute fittizie, non ha l’obbligo di ridurre i relativi e connessi redditi dichiarati poiché non vi è alcun nesso di implicazione necessaria tra costi dichiarati per operazioni inesistenti e ammontare dei relativi ricavi dichiarati, a maggior ragione se in relazione agli eventuali minori ricavi il contribuente non aveva dato prova.

FATTI

La commissione tributaria regionale della Puglia, con sentenza del 3.7.2013, dichiarava illegittimo l’avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate, in rettifica della dichiarazione presentata, ai fini IRPEF ed ILOR per il 1994, dal contribuente. L’avviso veniva annullato poiché la rettifica, riferita alla falsa fatturazione di acquisti di ingenti quantitativi di olio, era stata eseguita, da un lato, sulla base delle risultanze di accertamenti svolti nei confronti degli ipotetici venditori senza che il contribuente fosse stato posto in grado di parteciparvi e considerando come indicativi della inesistenza degli acquisti elementi quali:

  • la irragionevolezza degli acquisti rispetto alla dimensione e al tipo di attività del contribuente (venditore ambulante di frutta e verdura);
  • l’inidoneità dell’unico mezzo a disposizione del contribuente (un autocarro di portata di 10 quintali) a trasportare i quantitativi molto superiori di olio fatturati;
  • la mancanza di personale dipendente in grado di lavorare la materia prima apparentemente acquistata e la mancanza di locali atti al relativo immagazzinamento;

i quali avrebbero potuto essere considerati veramente tali solo se il contribuente avesse avuto modo di interloquire nel corso dell’attività di accertamento; e, dall’altro lato, aumentando l’imponibile dichiarato dei costi delle operazioni fittizie senza però sottrarre dall’ammontare del reddito dichiarato i ricavi corrispondenti.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale, sulla base di due motivi:

  1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia lamentava, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., che la commissione ha falsamente applicato l’art. 39, comma 1, lett. c) del d.P.R. 600/73, e gli artt. 2697 e 2727 c.c., laddove ha escluso la valenza probatoria sia degli elementi acquisiti presso i terzi cessionari sia degli elementi direttamente riferiti al contribuente sul solo ed erroneo presupposto che, per riconoscere tale valenza, sarebbe stato necessario che il contribuente avesse potuto esercitare il diritto al contraddittorio durante gli accertamenti nei confronti dei terzi;
  2. con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia lamentava, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. che la commissione ha falsamente applicato l’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. 600/73, l’art. 54 d.PR. 633/1972, gli artt. 2697, 2700, 2727 e 2729 c.c. e gli artt. 18, 19, 21 comma 7, del d.P.R. 633/72, laddove ha ritenuto che l’ufficio, corrispondentemente all’aumento dell’imponibile per i costi delle operazioni ritenute fittizie, avrebbe dovuto ridurre i redditi dichiarati in ragione dei ricavi non conseguiti, senza considerare che non vi è alcun nesso di implicazione necessaria tra costi dichiarati per operazioni inesistenti e ammontare dei ricavi dichiarati, e che degli eventuali minori ricavi il contribuente non aveva dato prova.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso, connessi e pertanto suscettivi di esame congiunto, sono stati dichiarati fondati, in quanto la commissione tributaria regionale della Puglia annullando l’avviso in ragione della ritenuta inutilizzabilità degli elementi posti a base dell’avviso per assenza di spazi di contraddittorio offerti al contribuente nel corso delle indagini sui terzi venditori, ed in ragione della ritenuta sussistenza di ricavi fittizi di cui l’ufficio non avrebbe tenuto conto:

  1. ha falsamente applicato l’art. 39, comma 1, lett. c) d.P.R. 600/73, che consente di procedere alla rettifica del reddito del contribuente anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulti “dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti“, senza subordinare l’utilizzabilità dei dati alla preventiva interlocuzione con il contribuente medesimo (Cass.13 luglio 2017, n. 17260);
  2. ha falsamente applicato gli artt. 2697 e 2727 c.c. che non condizionano la portata presuntiva di dati direttamente riferibili al contribuente alla interlocuzione tra fisco e contribuente nel corso di accertamenti, a carico di terzi, in esito ai quali quei dati sono emersi;
  3. ha falsamente applicato l’art. 2697 c.c. laddove ha assunto che l’ufficio, recuperati a tassazione i costi delle operazioni fittizie, avrebbe dovuto correlativamente ridurre i ricavi, senza considerare che non sussistendo automatismo tra la ritenuta fittizietà e tale riduzione, in tanto l’amministrazione avrebbe dovuto operare la riduzione, in quanto il contribuente avesse dato prova della non veridicità delle registrazioni dei ricavi. Su questo ultimo punto occorre precisare che ai sensi dell’art.8, co.2, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla I. 26 aprile 2012, n. 44 (“Non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati”), sopravvenuto ma applicabile retroattivamente in quanto più favorevole del previgente art. 4 bis dell’art. 14 della I. 24 dicembre 1993, n, 537, spetta al contribuente provare la specifica relazione di ‘diretta afferenza’ tra i componenti positivi (ricavi) ed i componenti negativi relativi a beni non effettivamente scambiati (v. già Cass. sentenza n. 7896 del 20/04/2016).

La sentenza veniva quindi cassata con rinvio della causa alla commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, perché la stessa compia un nuovo esame della controversia alla luce delle statuizioni di cui al precedenti punti 3 e 4, ed in riferimento a quanto dedotto dal contribuente in ordine alla richiesta detrazione dei costi accertati dai ricavi dichiarati.