Ordinanza n. 7638/2018 della Corte di Cassazione – Presidente: Di Iasi Camilla – Relatore: De Masi Oronzo – Data pubblicazione: 28/03/2018

La Suprema Corte dichiarava regolare la notifica dell’atto impositivo nelle mani di una collaboratrice di uno studio commerciale ubicato nello stabile di residenza del contribuente. Secondo i Supremi Giudici, in assenza del destinatario, la copia dell’atto da notificare può essere consegnata a persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio o all’azienda, purché non infraquattordicenne o palesemente incapace – con la condizione che la presenza del consegnatario non sia meramente occasionale o temporanea. La non occasionalità si presume dall’accettazione senza riserve dell’atto da parte del destinatario e dalle sue dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica. Incombe pertanto sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità sopra indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario.

La sopra citata pronuncia della Corte di legittimità è indubbiamente destinata a forti critiche. Come risulta dalla motivazione della stessa, la collaboratrice (la dipendente) dello studio commerciale, posto sul piano superiore dell’edificio di residenza del contribuente, alla quale veniva consegnato l’atto impositivo da notificare, veniva qualificata, ex art. 139 cpc, addirittura, “persona addetta alla casa” del contribuente e nemmeno “vicino di casa“, di cui al 4 co. dell’art. 139 cpc. Qualificare una dipendente di uno studio con sede nello stabile di residenza del contribuente “addetta alla casa” (del contribuente) ha del palese assurdo.

Detta qualifica rende, inoltre, superfluo il successivo co. 4, secondo cui “…in mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla”. Infatti, se anche la detta collaboratrice deve essere considerata “addetta alla casa” del contribuente, quando possiamo qualificare un soggetto “vicino di casa“?  Ci viene automatica la risposta – probabilmente quando abita nel palazzo di fronte, ma anche in un palazzo facente parte dello stesso quartiere… Risulta sufficiente – secondo la succitata ordinanza – la dichiarazione del consegnatario di accettare la notifica, nonché la dichiarazione dello stesso di essere “autorizzato a riceverla”.

Secondo il successivo co. 5 “Il portiere o il vicino deve sottoscrivere l’originale, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”. La consegna dell’atto da notificare al vicino (e/o portiere), (proprio a causa del rapporto precario fra questi) rende, quindi, necessario avvisare il contribuente dell’avvenuta notifica a mani del vicino (e/o portiere), tramite lettera raccomandata. Nel caso della consegna dell’atto da notificare ad “addetto alla casa” questo ulteriore avviso (garanzia) non è previsto. Ecco uno dei motivi per cui la presente pronuncia risulta del tutto errata, ingiusta ed illegittima.

Ma è corretto qualificare una dipendente di uno studio posto nello stabile di residenza del contribuente “vicino” di quest’ultimo? E’ da considerarsi “vicino” la collaboratrice dello studio oppure solamente il rappresentante legale dello studio? E’ corretto e giusto altresì considerare regolare consegnatario qualsiasi soggetto disposto a ricevere la notifica e che dichiari di essere autorizzato a riceverla?

Considerata la particolare delicatezza della funzione giuridica di una notificazione, indirizzata a garantire la certezza nei rapporti giuridici, la giuridica conoscenza degli atti impositivi, nonché e sopratutto il diritto di difesa del contribuente, sancito dall’art. 24 della carta costituzionale, sarebbe da escludere. Per le suddette ragioni (ma non solo) si spera tanto che detta pronuncia “venga dimenticata” dai Giudici di merito, ma anche dalla stessa Cassazione e che la notificazione si riprenda il suo ruolo di essenziale garanzia.

Ordinanza n. 7638/2018 della Corte di Cassazione – Presidente: Di Iasi Camilla – Relatore: De Masi Oronzo – Data pubblicazione: 28/03/2018

FATTO

Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza n. 248/25/11, depositata il 30.6.2011, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha accolto il gravame del contribuente, e riformato la sentenza di primo grado, sfavorevole a quest’ultimo, il quale aveva impugnato la cartella di pagamento dell’imposta di registro dovuta in relazione ad una scrittura privata, per difetto di notifica del prodromico avviso di liquidazione, conosciuto solo a seguito della successiva notifica della predetta cartella di pagamento.

Agenzia delle Entrate, secondo il Giudice di appello, non ha validamente notificato al contribuente l’avviso di liquidazione, in quanto l’atto non risultava univocamente consegnato nel domicilio fiscale di questi, “al piano V di piazza Cesare Battisti, né nel suo ufficio in via G. De Troia, (…) a mani di un addetto alla casa o all’ufficio del destinatario, ma a mani di una collaboratrice di uno studio commerciale, sito al piano XI (dello stabile) di piazza Cesare Battisti”, in quanto lavoratrice dipendente, e dunque “nelle mani di persona non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l’intimato, non essendo persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio del contribuente”. Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resisteva il contribuente con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denunciava il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 e n. 3, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione degli artt. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, 139 c.p.c., 2700 c.c., in quanto la CTR ha rilevato che la relata di notifica non specifica il luogo in cui la notifica è avvenuta, se cioè presso la casa di abitazione o l’ufficio, né di quale soggetto fosse collaboratrice la consegnataria dell’atto, trascurando di considerare che nel modulo prestampato, al decimo rigo, prima della sequenza delle parole “abitazione, ufficio, azienda” rispetto alla quale non è stata disposta dal messo notificante alcuna specificazione mediante cancellazione o altro segno, figura comunque apposta una crocetta proprio accanto alla parola abitazione, che il contribuete risiede a Foggia, piazza Cesare Battisti n. 27, che in tale città il contribuente, ai sensi dell’art. 58, D.P.R. n. 600 del 1973, ha stabilito il domicilio fiscale, e che il medesimo ha il proprio ufficio in via G. De Troia, elementi nel loro insieme idonei ad escludere qualsivoglia incertezza circa le modalità di esecuzione della notificazione nel comune di residenza, coincidente con il domicilio fiscale, presso la casa d’abitazione e mediante consegna dell’atto a persona “addetta” in assenza del destinatario.

Secondo la Corte di legittimità la censura era fondata e meritava accoglimento.

Il Giudice di appello ha escluso la validità della notifica dell’atto impositivo presupposto, eseguita ai sensi degli artt. 139 c.p.c. e 60, D.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti del contribuente, assente, e quindi non mediante consegna a mani proprie del destinatario, per il decisivo rilievo attribuito sia alla circostanza della mancata elisione di una delle parole “abitazione, ufficio, azienda”, e ciò in base a quanto si ricava dal modulo prestampato utilizzato dal messo notificatore per esporre compiutamente l’attività espletata, sia alla ulteriore circostanza che il contribuente ha dimostrato che la consegnataria dell’atto, qualificatasi “collaboratrice ed autorizzata al ritiro”, invece, “è dipendente dello studio commerciale sito al piano XI di piazza Cesare Battisti”.

L’individuazione del concreto comportamento tenuto dal notificatore e la valutazione circa la ritualità dell’operato dello stesso assumono rilevanza decisiva per controllare la correttezza dell’applicazione, ad opera del giudicante, delle norme processuali delle quali è stata denunziata la violazione, trattandosi di denuncia di “error in procedendo” in relazione al quale, va ricordato, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, quindi, ha il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali.

Le due condizioni per la notifica ex art. 139 c.p.c. sono l’esatta determinazione del luogo, e la presenza in esso di un soggetto legato al destinatario da uno specifico rapporto, normativamente indicato, circostanza da cui può presumersi che sollecitamente l’atto verrà dal consegnatario portato a conoscenza del destinatario. Risultava incontestata sia la residenza del contribuente nel Comune di Foggia, piazza Cesare Battisti, sia la coincidenza fra luogo di residenza anagrafica e domicilio fiscale del contribuente, ex 58, D.P.R. n. 600 del 1973, e la ubicazione dell’ufficio in via Genoveffa De Troia.

La Suprema Corte ricordava inoltre che “l’art. 139 c. p. c., nel prescrivere che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario e nel precisare che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purché si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza” (Cass. n. 2266/2010).

La mancata elisione nel modulo utilizzato dal messo notificatore di alcuna delle ipotesi riportate nella sequenza prestampata “abitazione, ufficio, azienda“, trattandosi di mera irregolarità, non preclude una valutazione necessariamente complessiva del contenuto della relata di notifica, ed in tale prospettiva assume rilievo logico la circostanza che l’atto da notificare è indirizzato al contribuente nel suo domicilio fiscale, e che il messo notificatore ha consegnato l’atto alla Caurio dichiaratamente “collaboratrice ed autorizzata al ritiro”, che la consegnataria si trovava nello stabile di piazza Cesare Battisti, che ha anche apposto la propria sottoscrizione per ricevuta, e che così facendo ha dato atto del compimento degli adempimenti della sequenza del procedimento notificatorio prevista dalla legge, essendo obiettivamente da escludere ogni possibilità di confusione fra il luogo (piazza Cesare Battisti) dove il contribuente ha la casa di abitazione, e quello (via G. De Troia) affatto diverso dove ha l’ufficio.

In assenza del destinatario, la copia dell’atto da notificare può essere consegnata a persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio o all’azienda, purché non infraquattordicenne o palesemente incapace e secondo la giurisprudenza della Suprema Corte basta che la presenza del consegnatario non sia meramente occasionale o temporanea, e la non occasionalità si presume dalla accettazione senza riserve dell’atto (Cass. n. 187/2000), e dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica (Cass. n. 12181/2013; n. 26501/2014), di tal che incombe sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità sopra indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario, mentre per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa.

Il Giudice di appello, pertanto, non ha correttamente deciso la fattispecie posta al suo esame allorché ha affermato che l’atto impositivo non è pervenuto a conoscenza del contribuente, in quanto è senz’altro da escludere che sia sufficiente, per superare la presunzione della quale qui si discute, allegare la circostanza che il soggetto consegnatario, fosse una dipendente dello studio commerciale, posto al piano XI del medesimo stabile di piazza C. Battisti, atteso che, come già osservato, il messo notificatore ha eseguito la consegna nelle mani della predetta “in qualità di collaboratrice autorizzata al ritiro che firma la ricevuta”, e tanto basta difettando adeguata prova del contrario.

Secondo la Suprema Corte risultava fragile l’argomento difensivo del contribuente secondo cui il rapporto di collaborazione in forza del quale la consegnataria si era dichiarata autorizzata alla ricezione dell’atto, sia lessicalmente riferibile al suddetto rapporto di lavoro con la professionista, piuttosto che ad una qualche relazione con il contribuente, perché nessuna norma prevede che l’agente notificatore indaghi sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal consegnatario in ordine ai suoi rapporti con il destinatario, e perché, indipendentemente dalla espressione usata in luogo di quella di “addetta alla casa” specificamente indicata nell’art. 139 c.p.c., quel che rileva, ai fini qui considerati, è che si tratti di rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione, e tanto basta (Cass. 16164/2003). In conclusione, la sentenza impugnata veniva cassata senza rinvio in quanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa poteva essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente e l’evoluzione della vicenda processuale giustificava la compensazione delle spese dei gradi di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità seguivano la soccombenza.