VERIFICHE FISCALI E SEGRETO PROFESSIONALE – IL SEGRETO PROFESSIONALE NELL’ORDINAMENTO TRIBUTARIO – DOCUMENTI E NOTIZIE COPERTI DAL SEGRETO PROFESSIONALE – GARANZIE RAFFORZATE EX ART 103 CPP – LA PROCEDURA DI OPPOSIZIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE – IMPUGNAZIONE DELL’AUTORIZZAZIONE

Verifiche fiscali e segreto professionale. Il segreto professionale è un diritto / dovere che resiste anche di fronte all’esercizio dei poteri istruttori delle Autorità e permette al professionista di rifiutare l’esibizione di documenti, non dotati di rilevanza fiscale, che potrebbero far scaturire un’ulteriore indagine tributaria. Secondo l’art. 52, comma del D.P.R. 633/1972, in caso di opposizione del segreto professionale da parte del professionista, gli agenti accertatori della Guardia di Finanza, al fine di poter esaminare i documenti e richiedere notizie, in relazione alle quali veniva eccepito il segreto professionale, dovranno richiedere l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina. Il magistrato dovrà valutare la fondatezza dell’eccezione, ossia accertare se i dati e le notizie richiesti e non comunicati rientrano o meno tra quelli coperti dal segreto professionale, senza alcun potere di superare l’eccezione qualora questa sia stata legittimamente sollevata.

IL SEGRETO PROFESSIONALE – VERIFICHE FISCALI E SEGRETO PROFESSIONALE – IL SEGRETO PROFESSIONALE NELL’ORDINAMENTO TRIBUTARIO

Per i professionisti appartenenti a determinati ordini professionali (quali avvocati, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, notai) è prevista la rigorosa osservanza del segreto professionale ed il massimo riserbo sui fatti e sulle circostanze apprese nello svolgimento della propria attività professionale.

La violazione del segreto professionale costituire illecito disciplinare, ma la sua tutela è assicurata sopratutto dalla legge penale (art. 622 c.p.). La ratio della norma si rinviene nell’esigenza di salvaguardia dei rapporti intimi professionali determinati da necessità o quasi necessità (MANZINI), nonché nell’interesse pubblico a che il professionista preservi la segretezza dei fatti di cui venga a conoscenza nell’esercizio del ruolo ricoperto, in tal modo garantendo la tutela della libertà e della sicurezza dei rapporti professionali.

Inoltre, dette categorie,

  • ai sensi dell’art. 200 c.p.p., non possono essere obbligate a deporre nei processi penali su quanto appreso e conosciuto per ragione della propria professione;
  • non sono altresì obbligate, ai sensi dell’art. 256, c.p.p., a consegnare all’Autorità Giudiziaria atti, documenti e/o ogni altra cosa, da quest’ultima richiesti, se dichiarano, per iscritto, che sono coperti dal segreto professionale;
  • hanno altresì la facoltà, ai sensi dell’art. 2469 c.p.c., di astenersi dal testimoniare nei processi civili.

Alla luce di quanto sopra, il segreto professionale si configura come un diritto / dovere che resiste anche di fronte all’esercizio dei poteri istruttori delle Autorità. Nell’ordinamento tributario il segreto professionale è previsto dall’art. 52, comma 3 del D.P.R. 633/1972, secondo cui è “necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina (…) per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale.

In base all’art. 52 comma 1 del D.P.R. 633/1972 è consentito l’accesso degli ispettori dell’Amministrazione Finanziaria, al fine di effettuere indagini fiscali, anche presso gli studi professionali e non solo presso i locali destinati all’esercizio di attività industriali, commerciali e agricole. L’accesso nei locali adibiti all’esercizio di arti e professioni (previa esibizione del foglio di servizio / ordine d’accesso, sottoscritto dal capo dell’ufficio da cui dipendono e nel caso in cui lo studio sia adibito anche ad abitazione privata, previa autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica) deve essere obbligatoriamente eseguito in presenza del titolare dello studio o, in caso di sua assenza, di un suo delegato (per iscritto), in modo tale che venga assicurata la concreta tutela ed opposizione (se del caso) del segreto professionale (art. 52, primo comma, D.P.R. n. 633/72).

Il titolare (o il suo delegato), infatti, in questa occasione, ha il diritto di opporre il segreto professionale. In questo caso, gli addetti alle verifiche, al fine di poter procedere all’esame di documenti o all’acquisizione di notizie coperte dal segreto professionale, dovranno necessariamente richiedere ed ottenere una apposita autorizzazione dal Pubblico Ministero o dall’Autorità Giudiziaria più vicina. La norma realizza un perfetto bilanciamento fra contrapposte posizioni giuridiche, contemperando la tutela della riservatezza e del diritto di difesa con le esigenze di efficacia dell’azione accertatrice da parte del Fisco.

VERIFICHE FISCALI E SEGRETO PROFESSIONALE – L’AUTORIZZAZIONE GIUDIZIALE – DOCUMENTI E NOTIZIE COPERTI DAL SEGRETO PROFESSIONALE – LE GARANZIE RAFFORZATE DEL DIFENSORE PENALE EX ART. 103 CPP

L’esame di documenti e la richiesta di notizie da parte dei militare della Guardia di Finanza, relativamente ai quali è stato eccepito il segreto professionale, come previsto dall’art. 52, comma 3 del D.P.R. 633/1972, richiede indiscutibilmente il rilascio dell’autorizzazione giudiziale. Il magistrato verrà, quindi, chiamato a valutare la fondatezza dell’eccezione, ossia ad accertare se i dati e le notizie richiesti e non comunicati rientrino tra quelli coperti dal segreto professionale, senza alcun potere di superare l’eccezione qualora questa sia stata legittimamente sollevata.

Si ritiene altresì opportuno e necessario comprendere ed individuare quali sono le notizie e i documenti coperti dal segreto professionale.

Vengono esclusi dalla copertura del segreto professionale i seguenti documenti:

  • gli atti pubblici – i quali, proprio perché tali, non sono coperti dal segreto;
  • le scritture contabili – sia quelle del professionista che quelle del cliente, trattandosi di atti che la legge impone di redigere anche al fine di documentare e rendere accessibili al fisco i fatti che attengono all’attività economica esercitata dai contribuenti e le cui annotazioni, comunque, nulla rivelano in ordine ai contenuti dell’attività professionale prestata;
  • le fatture e le ricevute fiscali emesse dal professionista – in quanto, trattandosi di documenti che, per legge, devono essere conservati proprio in vista di un possibile controllo fiscale, appare irragionevole ritenere che possano essere sottratti all’ispezione anche attraverso l’eccezione del segreto professionale.

Da ricordare che il segreto professionale riguarda esclusivamente notizie e documenti che attengono all’esercizio dell’attività professionale, in stretta connessione con la natura dell’attività stessa del professionista, di cui quest’ultimo ha necessità per il corretto espletamento del proprio lavoro oppure essendo condizione essenziale per lo svolgimento della professione. Non tutti i documenti e notizie di cui il professionista sia in possesso o venga a conoscenza in occasione dello svolgimento dell’attività professionale, pur concernenti il cliente, hanno carattere “segreto”.

Alla luce di quanto sopra, per mero esempio, devono considerarsi coperte dal segreto professionale le cartelle cliniche e quelle mediche, gli appunti redatti dal professionista in occasione degli incontri con i propri clienti o nell’espletamento degli incarichi contenenti informazioni attinenti agli incarichi medesimi, i fascicoli dei difensori, e specificamente gli atti di istruzione delle pratiche, i documenti in deposito fiduciario concernenti operazioni eseguite con l’intervento del professionista, ed in genere tutti quei documenti e quelle notizie che, pur in qualche misura connessi con operazioni aventi un risvolto tributario, rientrano in quell’aerea di riserbo che l’esercizio di una certa professione normalmente richiede e in ordine ai quali il segreto dovrebbe essere tenuto in vista di interessi diversi in gioco.

L’art. 52, comma 3 del D.P.R. 633/1972 mantiene comunque espressamente ferma la norma contenuta nell’art. 103 c.p.p., in relazione alle garanzie di libertà del difensore penale prevedendo, a tutela del diritto di difesa, una serie di garanzie rafforzate per le attività di indagine penale da svolgere negli uffici del difensore, scongiurare il pericolo che attraverso l’uso dei poteri di indagine previsti in materia tributaria si possano aggirare le garanzie predisposte dal legislatore penale e le notizie e i documenti acquisiti in sede tributaria, al di fuori dei limiti di cui all’art. 103 c.p.p., vengano poi trasferiti in sede penale.

Conseguentemente, al di fuori dei casi e senza le garanzie previste dall’art. 103 c.p.p., neanche con l’autorizzazione giudiziale prescritta dall’art. 52, comma 3, D.P.R. 633/1972, non è possibile effettuare ispezioni e perquisizioni per fini fiscali negli uffici dei difensori, né effettuare il controllo, sempre per fini fiscali, sulla corrispondenza del difensore e su quella intercorsa fra lo stesso e un imputato, anche quando quest’ultimo sia indagato ai fini tributari, né, infine, disporre il sequestro presso lo studio del difensore delle carte e dei documenti che formano oggetto della difesa.

LA PROCEDURA DI OPPOSIZIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE IN SEDE DI VERIFICA FISCALE – IMPUGNAZIONE DELL’AUTORIZZAZIONE

L’art. 52, comma 3 del D.P.R. 633/1972 richiede, quindi, che, nel caso di opposizione del segreto professionale, l’Amministrazione Finanziaria, per poter procedere all’esame dei documenti o alla richiesta di notizie, deve ottenere preventiva autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina.

In mancanza di una precisa disposizione al riguardo ed alla luce del disposto degli artt. 70 del D.P.R. 600/1973 e 75 D.P.R. del 633/1972, secondo cui “… per quanto non è diversamente disposto dal presente decreto si applicano, in materia di accertamento delle violazioni e di sanzioni, le norme del codice penale e del codice di procedura penale …”, la normativa da applicabile è quella del codice di rito penale.

La procedura penale infatti prevede che sia il magistrato a disporre gli “accertamenti necessari”, ai soli fini di poter accertare l’esistenza o meno del segreto professionale opposto. L’autorizzazione del magistrato dovrà assumere la forma scritta e dovrà essere motivata in modo esauriente in ordine alla fondatezza dell’eccezione.

In relazione all’impugnabilità dell’autorizzazione, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11082/2010, ha dichiarato che l’autorizzazione ex art. 52, comma 3 del D.P.R. 633/1972 non è atto impugnabile direttamente avanti il giudice amministrativo, ma solo indirettamente, attraverso l’impugnazione del successivo avviso di accertamento, avanti al giudice tributario.

La giurisdizione del giudice tributario, quindi, non ha quale oggetto solo gli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma investe tutte le fasi del procedimento che hanno portato all’adozione e alla formazione dell’atto finale, tanto che l’eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità e/o alla regolarità su un qualche atto istruttorio prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell’atto finale impugnato.

Qualora, invece, l’attività di accertamento non dovesse sfociare in un atto impositivo ovvero qualora tale provvedimento non dovesse essere impugnato, l’autorizzazione in questione (in quanto lesiva del diritto soggettivo del contribuente di non subire verifiche fiscali fuori dai casi previsti dalla legge) sarà autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario (Sentenza n. 8587/2016 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite).