I consolati e le ambasciate, con una pratica sicuramente discutibile, negano regolarmente il visto reingresso avvalendosi della facoltà loro concessa di non motivare i provvedimenti amministrativi. Il TAR, già in tempi non sospetti, ha criticato aspramente questo arbitrario potere concesso all’amministrazione a danno degli immigrati che regolarmente vivevano in Italia o avevano le condizioni per poterci vivere.

Tale deroga all’obbligo generale di motivare i provvedimenti amministrativi è però possibile solo qualora vi siano particolari motivi di sicurezza o di ordine pubblico (Cfr. Tar Lazio 1886/2007 “…sebbene esista la possibilità per le ambasciate di non motivare il diniego, ciò non vuol dire che tale norma abbia legittimato l’Amministrazione ad agire arbitrariamente”, e pertanto quest’ultima non ha “la potestà di negare il visto anche nel caso in cui non vi sia alcuna legittima ragione per farlo…”).

L’iter motivazionale esplicitato dall’Amministrazione non fornisce idonea contezza della valutazione effettuata in ordine ai requisiti richiesti per il rilascio del visto per reingresso ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 394/99 consente, alle condizioni ivi previste, il reingresso in Italia dei cittadini stranieri statuendo che “Lo straniero il cui documento di soggiorno è scaduto da non più di 60 giorni e che ne abbia chiesto il rinnovo nel rispetto dei termini, per rientrare nel territorio dello Stato è tenuto a munirsi di visto di reingresso, rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza, previa esibizione del documento scaduto. Il predetto termine di 60 giorni non si applica nei confronti dello straniero che si è allontanato dal territorio nazionale per adempiere agli obblighi militari e si estende fino a sei mesi in caso di sussistenza di comprovati gravi motivi di salute dello straniero, dei suoi parenti di I° grado o del coniuge, fermo restando il possesso dei requisiti previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno”.

Sul punto, occorre ricordare che l’art. 3 della L. n. 241/1990 obbliga la Pubblica Amministrazione a motivare in maniera chiara ed esauriente ogni provvedimento e, in particolare, ad “indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.