Accertamento per dividendi occultati – Il regime fiscale della occulta distribuzione dei dividendi ai soci – Legittimità delle sanzioni improprie

Una volta che l’Amministrazione finanziaria abbia contestato la distribuzione occulta di dividendi della società ai soci, si pone il problema della tassazione di tali redditi in capo al presunto percettore. Non si ravvisano ragioni per non applicare, in questi casi, la disciplina riguardante i redditi di capitale e i redditi d’impresa, in ragione delle caratteristiche soggettive del socio (che dovrebbe essere una persona fisica, quanto meno nel caso di rapporti familiari).

Alla presenza di partecipazioni non qualificate, la ritenuta alla fonte del 26%, da applicare a titolo d’imposta e non a titolo di acconto, espone all’avviso di accertamento la società che ha corrisposto l’utile in modo occulto, non il socio che lo ha ricevuto. Infatti, nei rapporti di sostituzione cd “totale“, l’obbligazione tributaria nasce in testa al sostituto (società) e non in testa al sostituito (socio). Nei casi di ritenuta d’imposta non eseguite e non versate all’Amministrazione finanziaria, rimane poi ferma la possibilità di coinvolgere, nella fase di riscossione, anche il sostituito, giusta la previsione dell’art. 35 del DPR n. 602/1973. E’ l’unico caso nel quale tra sostituto e sostituito si instaura un rapporto di coobligazione, poiché di regola è il sostituto che risponde “in luogo” del sostituito.

Nella pratica spesso accade che l’Amministrazione finanziaria nel proprio avviso di accertamento mandi a tassazione l’intero importo del dividendo, senza riconoscere l’esclusione prevista dal TUIR. Per esempio, nel caso della imponibilità del 49,72 %, oggi prevista per i dividendi scaturenti da partecipazioni qualificate, quest’ultima si trasformi, nell’avviso di accertamento, in imponibilità al 100%.

Alla base di questi schemi operativi è l’idea e  la volontà di penalizzare i dividendi erogati in difformità alle disposizioni del diritto commerciale e tassare in modo diverso. Insomma, siamo di fronte ad una sanzione impropria!!!

La soluzione non risulta assolutamente convincente, ma ingiusta ed legittima per i seguenti motivi:

  1. L’esclusione da imposta, pur parziale, prevista per i dividendi societari, rappresenta una disciplina volta ad evitare fenomeni di doppia imposizione nella tassazione dei redditi della società e dei soci. Siamo di fronte, quindi, ad una regola di coordinamento tra fiscalità della società e la fiscalità dei soci. Poiché la società è tassata a monte (e non vi è dubbio che tale tassazione si verifichi nel caso in esame – perché se così non fosse, non si porrebbe il problema della occulta distribuzione di utili) al dividendo va riconosciuta l’esclusione da IRPEF.
  2. La distinzione tra dividendi distribuiti in modo conforme al diritto commerciale e dividendi privi di tale caratteristica non appartiene al diritto tributario. La funzione del diritto tributario non consiste nella scrematura di fattispecie economiche, tanto meno a fini classificatori, ma nella loro individuazione in funzione del prelievo. Qualora l’Amministrazione fiscale ritenga, mediante il proprio avviso di accertamento, che vi sia stata un distribuzione di utili, la fattispecie va assoggettata a tassazione come tutte le altre distribuzioni, senza disparità di trattamento.
  3. La sovra-tassazione dei dividendi occultamente distribuiti della società al socio declina in una sanzione impropria. Attraverso tale particolare modalità impositiva si penalizza la fattispecie mediante l’appesantimento del carico fiscale. Nemmeno questi effetti sono previsti nelle disposizioni fiscali. Il diritto tributario – come noto –  non serve a sanzionare, ma a tassare.

Sulla base delle suddette considerazioni, l’avviso di accertamento, mediante il quale viene applicata la tassazione sanzionatoria, risulta essere indubbiamente illegittima.