NOTIFICA CARTELLA ESATTORIALE

L’AGENTE PER LA RISCOSSIONE (ADER – EQUITALIA) PUO’ AUTENTICARE LE FOTOCOPIE DEGLI AVVISI DI RICEVIMENTO RELATIVI ALLE NOTIFICHE DELLE CARTELLE A MEZZO POSTA?

SE IL CONTRIBUENTE (UNA DELLE PARTI) DISCONOSCE LA CONFORMITA’ DELLE FOTOCOPIE ALL’ORIGINALE IL GIUDICE E’ TENUTO AD ORDINARE LA PRODUZIONE DELL’ORIGINALE?

IN CASO DI DISCONOSCIMENTO E MANCATA PRODUZIONE DELL’ORIGINALE IL GIUDICE PUO’ UTILIZZARE LO STESSO IN GIUDIZIO LE FOTOCOPIE?

Notifica cartella esattoriale. I provvedimenti fiscali (cartelle esattoriale, intimazioni di pagamento, preavvisi di fermo amministrativo e ipoteca, pignoramenti, etc…) se non notificati regolarmente e/o se gli atti prodromici non risultano regolarmente notificati sono nulli. La nullità degli atti e delle notifiche deve essere eccepito avanti l’autorità giudiziaria competente. Avanti l’autorità competente il Fisco deve fornire idonea prova in relazione alla suddetta eccezione. A tutte le suddette domande troviamo risposta mediante la sentenza della Cass. n. 8289/2018.

Sentenza n. 8289/2018 della Suprema Corte di Cassazione, pubblicata in data 4.4.2018 – Presidente Chindemi Domenico – Relatore Zoso Liana Maria Teresa.
FATTI

Il contribuente impugnava il provvedimento di iscrizione ipotecaria. La commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia accoglieva il ricorso. Equitalia E. TR. S.p.A. proponeva appello e la commissione tributaria regionale della Calabria lo rigettava, in quanto non risulterebbero notificate le cartelle esattoriali prodromiche all’iscrizione ipotecaria, perché la società concessionaria per la riscossione aveva prodotto semplicemente delle copie fotostatiche degli avvisi di ricevimento delle cartelle di cui era stata disconosciuta la conformità all’originale.

Eccepiva altresì il contribuente che il concessionario per la riscossione non rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale incaricato di un pubblico servizio né possedeva i poteri autoritativi giustificativi per poter attestare la conformità all’originale di quanto allegato e quindi si doveva ritenere che le fotocopie non avessero efficacia probatoria. Tale documentazione, pertanto, priva dell’autenticazione prescritta dalla normativa, non aveva valore probatorio anche perché mancava la copia autentica della cartella alla quale facevano riferimento gli avvisi di ricevimento.

Equitalia Sud S.p.A. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR, per tre

MOTIVI
1.

Con il primo motivo la ricorrente deduceva violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 2719 e 2697 cod. civ. e 88 del cod. proc. civ., sostenendo che il disconoscimento della documentazione prodotta in copia fotostatica dall’agente della riscossione era inammissibile, in quanto il contribuente non aveva indicato in maniera precisa e circostanziata il motivo del disconoscimento, non aveva indicato in quali punti le copie fotostatiche prodotte non sarebbero state conformi ai documenti originali e non aveva addotto circostanze concrete in base alle quali fosse ragionevole presupporre una difformità tra le copie fotostatiche e le scritture originali.

Inoltre, secondo parte ricorrente, si doveva considerare che la dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte costituiva prova del credito ai sensi dell’articolo 2718 cod. civ., in quanto resa da un pubblico ufficiale, sicché non era sufficiente il mero disconoscimento da parte della contribuente, il quale avrebbe dovuto proporre querela di falso.

2.

Con il secondo motivo Equitalia deduceva violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 22, comma 5, del decreto legislativo 546/92, in quanto la CTR, essendo sorte contestazioni in ordine alla conformità delle copie agli originali, avrebbe dovuto ordinare l’esibizione degli originali stessi.

3.

Con il terzo motivo Equitalia deduceva violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 26, comma 4, del d.p.r. 602/73, in quanto ha errato la CTR nel ritenere che la documentazione prodotta dall’agente della riscossione non avesse valore probatorio perché mancava la copia autentica della cartella alla quale facevano riferimento gli avvisi di ricevimento. Ciò in quanto, a norma dell’articolo 26 del d.p.r. 602/73, il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento. Si tratta di modalità alternative, per il che la conservazione dell’avviso di ricevimento consente di ritenere provata la notifica della cartella.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
IN CASO DI ERROR IN PROCEDENDO LA CASSAZIONE E’ ANCHE GIUDICE DEL FATTO – MA E’ NECESSARIO CHE IL RICORRENTE INDICHI CHIARAMENTE IL “FATTO PROCESSUALE”:

In ordine al primo dei rilievi svolti con il primo motivo di ricorso, osserva la Corte che la CTR ha rilevato che la società concessionaria per la riscossione aveva prodotto copia fotostatica degli avvisi di ricevimento delle cartelle di cui era stata disconosciuta la conformità all’originale. Il rilievo con cui la ricorrente sostiene che l’atto di disconoscimento della conformità della copia con l’originale non era sufficientemente specifico in quanto la parte aveva omesso di indicare gli elementi dai quali si sarebbe dovuto trarre il convincimento della difformità, è inammissibile per difetto di autosufficienza. Ciò in quanto la ricorrente avrebbe dovuto trascrivere nel ricorso la dichiarazione di disconoscimento resa dalla parte o, quanto meno, indicare in quale fase processuale ciò fosse avvenuto, sì da consentire l’immediato reperimento del documento in ossequio all’onere della localizzazione.

La Corte di cassazione, invero, ha già affermato il principio secondo cui, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (Cass. n. 2771 del 02/02/2017).

ALL’AGENTE PER LA RISCOSSIONE NON E’ CONSENTITO ATTRIBUIRE AUTENTICITA’ AGLI AVVISI DI RICEVIMENTO FORMATI DALLE POSTE ITALIANE:

Il secondo rilievo svolto con il primo motivo di ricorso veniva dichiarato infondato. L’articolo 18 del d.p.r. 28 dicembre 2000 numero 445 prescrive, al comma 2, che l’autenticazione della copia può essere fatta dal pubblico ufficiale:

– dal quale è stato emesso o

– presso il quale è depositato l’originale ovvero al quale deve essere prodotto il documento;

La citata norma al comma 3 prevede: “Nei casi in cui l’interessato debba presentare alle amministrazioni o ai gestori di pubblici servizi copia autentica di un documento, l’autenticazione della copia può essere fatta dal responsabile del procedimento o da qualsiasi altro dipendente competente a ricevere la documentazione, su esibizione dell’originale e senza obbligo di deposito dello stesso presso l’amministrazione procedente. In tal caso la copia autentica può essere utilizzata solo nel procedimento in corso”.

Dunque solo se il contribuente deve produrre copia di un documento in suo possesso al concessionario della riscossione, che è sicuramente gestore di pubblico servizio, la relativa autentica può essere effettuata da un dipendente del concessionario, con l’unico limite dell’utilizzabilità della copia nel relativo procedimento.

Nel caso che occupa è stata effettuata la produzione da parte del concessionario della riscossione di copia di un documento (la cartolina attestante il ricevimento della notifica) il cui è originale è detenuto dallo stesso concessionario, per il che in tale ipotesi l’autentica può essere effettuata solo da particolari categorie di soggetti (notaio, sindaco, cancelliere) e dal pubblico ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l’originale.

La questione si sposta, dunque, sulla spettanza o meno della qualifica di pubblico ufficiale in capo al concessionario della riscossione. Sul punto è stato ritenuto che i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici (Cass. n. 49759 del 27/11/2012) e che l’esattore, pur non rientrando tra i “pubblici depositari” – cui la legge attribuisce la funzione di tenere gli atti a disposizione del pubblico e che sono obbligati, ex art. 743 cod. proc. civ., a rilasciare copia degli atti anche a chi non ne è parte – è tuttavia un “depositario” del ruolo, datogli in consegna dall’intendente di finanza (art. 24 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), ed inoltre è autorizzato a rilasciarne copia, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, secondo cui l’autenticazione delle copie, anche parziali, può essere fatta dal pubblico ufficiale presso il quale è depositato l’originale (Cass., n. 25962 del 05/12/2011).

Non si scordano le decisioni assunte dalla Corte di Cassazione in materia penale (cfr., tra le altre, Cass. n. 43820 del 23/09/2014) e dalla Corte dei Conti (n. 207 del 08/05/2008), secondo cui, agli effetti della qualifica di pubblico ufficiale, non è richiesto lo svolgimento di un’attività che abbia efficacia diretta nei confronti di terzi, giacché ogni atto preparatorio, propedeutico o accessorio, che si esplichi nell’ambito del procedimento di riscossione, i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi, seppure destinato a fini interni alla p.a., comporta l’attuazione completa e connaturale dei fini dell’ente pubblico e non può essere isolato all’interno dell’intero contesto delle funzioni pubbliche. Per il che l’attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nonché l’attività di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 237, art. 4, conferisce la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio agli operatori delle s.p.a. di concessione.

Tuttavia si riteneva che, anche tenuto conto di tali decisioni, non si può affermare che l’agente della riscossione, che è parte di un giudizio ed al quale è richiesto di dare prova dell’espletamento di una attività notificatoria, sia consentito di attribuire autenticità agli avvisi di ricevimento, che costituiscono documenti di provenienza dell’ufficiale postale, dato che l’autenticazione della copia può essere fatta:

a) dal pubblico ufficiale dal quale l’atto è stato emesso;

b) o presso il quale è depositato l’originale (come nel caso dei ruoli emessi dall’agenzia delle entrate, nel qual caso il concessionario è autorizzato a rilasciarne copia, nell’interesse dei terzi, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15).

Il rilascio di copia autentica di un atto in possesso del concessionario formato da terzi nell’interesse proprio esula, dunque, da siffatte previsioni. Ragione per cui deve applicarsi la regola generale posta dall’art. 2719 cod. civ., per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente o se detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte.

IL DISCONOSCIMENTO DELLA CONFORMITA’ DELLE FOTOCOPIE ALL’ORIGINALE NON PRODOTTE IN ORIGINALE NON PRECLUDE L’UTILIZZABILITA’ DELLE STESSA – IL GIUDICE E’ LIBERO AD ACCERTARE LA CONFORMITA’ ANCHE MEDIANTE PRESUNZIONI:

Va precisato, poi, che il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 cod. civ., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215, primo comma, numero 2), cod. proc. civ., giacché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 cod. civ. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, peraltro non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (cfr. Cass. n. 9439 del 21/04/2010 e Cass. n. 2419 del 03/02/2006). Tali argomenti, tuttavia, avrebbero potuto essere dedotti soltanto per far valere il vizio motivazionale e, non essendo ciò avvenuto, è precluso a questa Corte analizzare la questione ad essi sottesa.

2.
IN CASO DI DISCONOSCIMENTO DELLA CONFORMITA’ DELLE FOTOCOPIE ALL’ORIGINALE IL GIUDICE E’ TENUTO AD ORDINARE LA PRODUZIONE DELL’ORIGINALE:

Il secondo motivo veniva dichiarato fondato. La parte ricorrente si duoleva per non avere il giudicante, in presenza di contestazioni sulla corrispondenza tra copia ed originale della relata di notifica concernente la cartella esattoriale, adottato l’ordine di esibizione dell’originale del documento, così come prevede la norma di cui all’art. 22 d. Igs. 546/92. L’art. 22, comma 5, prevede che la Commissione ordini l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi, ove sorgano contestazioni a riguardo: tra gli atti e documenti considerati sono compresi anche quelli contenuti nel fascicolo dei documenti prodotti dalle parti (art. 22, comma 4).

Ne consegue che anche alla specie di causa è applicabile il ribadito principio giurisprudenziale secondo cui: “In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo alla parte l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, in tal caso, la produzione del documento in originale, ai sensi del comma quinto dell’art. 22 cit.” (Cass. n. 8446 del 27/04/2015; Cass.n. 22770 del 23/10/2006).

Il giudicante avrebbe – dunque – dovuto fare applicazione del principio che precede e disporre l’esibizione dell’originale del documento contestato, prima di adottare qualsivoglia determinazione che dipendesse dalla contestazione di conformità.

3.
AL FINE DI PROVARE LA NOTIFICA A MEZZO POSTA DELLA CARTELLA ESATTORIALE E’ SUFFICIENTE LA PRODUZIONE DELL’AVVISO DI RICEVIMENTO E DELL’ESTRATTO DI RUOLO:

Il terzo motivo veniva dichiarato parimenti fondato. La fattispecie concerne la notificazione a mezzo posta delle cartelle esattoriali effettuata dall’agente della riscossione per il quale l’ordinamento prevede che tale attività possa essere compiuta secondo schemi meno rigidi rispetto alla notificazione degli atti giudiziari, anche senza il ministero dell’Ufficiale giudiziario, direttamente dagli Uffici finanziari e dai concessionari a mezzo posta (a partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore della L. n. 146 del 1998, art. 20, che ha modificato la L. n. 890 del 1982, art. 14). Ciò che la parte contribuente ha lamentato è esclusivamente la mancata ricezione della notifica della cartella, e non anche la ricezione di un atto diverso (o di nessun atto) a mezzo della consegna del plico oggetto di notifica.

Nel caso specifico oggetto della presente controversia, la Suprema Corte ha già avuto modo di evidenziare che: “In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, primo comma, seconda parte, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data deve essere assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale, salva l’applicabilità del principio del raggiungimento dello scopo, in virtù del quale si determina uno spostamento dell’”onus probandi”, gravando sulla parte, che abbia dimostrato di conoscere l’atto e che intenda far valere in giudizio un diritto il cui esercizio è assoggettato a termine di decadenza, l’onere di dimostrare la diversa data di ricezione dell’atto e la tempestività della pretesa” (Sez. 5, Sentenza n. 23213 del 31/10/2014).

Ed ancora: “In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6395 del 19/03/2014 Sez. 5, Sentenza n. 14327 del 19/06/2009).

Del tutto erroneamente, perciò, il giudice del merito ha ritenuto che incombesse alla parte concessionaria depositare in giudizio non solo l’avviso di ricevimento della cartella, ma anche la copia autentica della cartella medesima, desumendo detto onere dalla lettura incongrua della norma del comma 4 dell’art.26 più volte menzionato, nel quale è previsto un onere alternativo, correlato alle diverse modalità con le quali la notifica può essere effettuata. Si deve, perciò, ritenere che la citata norma, la quale prevede che l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione, debba essere intesa nel senso che l’esattore deve esibire, in caso di contestazione, la matrice o la copia della cartella, unitamente alla relata, nel caso in cui la notifica sia avvenuta a mezzo di ufficiale giudiziario o di messo.

Diversamente, nel caso di notifica a mezzo posta, l’esattore è tenuto a produrre la ricevuta di ritorno della raccomandata (nella quale è indicato il numero della cartella notificata) sottoscritta dal destinatario e l’estratto di ruolo che è la riproduzione della parte del ruolo che si riferisce alla pretesa impositiva fatta valere con la cartella notificata al contribuente, tenuto conto che la cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte (cfr. Cass. n. 15784 del 24/5/2017; Cass. N. 3452 del 21/1/2016, Cass. 2790 del 21/1/2016; Cass. n. 15001 del 28/04/2016; Cass. N. 12888 del 23.6.2015; Cass. n. 24235 del 27/11/2015).

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