Ricorso avverso cartelle di pagamento. Chi chiamare in giudizio? L’agente per la riscossione (Agenzia delle Entrate Riscossione, etc…) o l’ente creditore (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Comune, etc…)? Sulla legittimazione passiva e sul comportamento processuale sbagliato dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. Molto spesso l’Agenzia delle Entrate Riscossione si costituisce in giudizio innanzi la Commissione Tributaria e/o Tribunale e/o Giudice di Pace ed eccepisce, in relazione al merito della pretesa, il proprio difetto di legittimazione passiva. Nello specifico quindi l’agente della riscossione chiede l’estromissione dal giudizio. Ma ha fondamento detta eccezione?

Ricorso avverso cartelle di pagamento. Chi chiamare in giudizio? Il dubbio si risolve mediante l’applicazione del principio di diritto, pacificamente affermato, secondo cui:

In tema di riscossione di crediti mediante iscrizione a ruolo deve escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra l’ente creditore ed il concessionario del servizio della riscossione qualora il giudizio sia promosso da quest’ultimo o nei confronti dello stesso, non assumendo a tal fine alcun rilievo che la domanda abbia ad oggetto, non la regolarità o la ritualità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa del credito, posto che l’eventuale difetto del potere di agire o di resistere in ordine a tale accertamento comporta l’insorgenza solo di una questione di legittimazione, la cui soluzione non impone la partecipazione al giudizio dell’ente creditore (Cass. Civ, Ord. N. 29798/2019).

Inoltre, rammenta la S.C. nella citata pronuncia che l’art. 39 D.lgs n. 112 del 1999 prevede che “Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite“.

L’art. 39 D. Lgs. 112/1999 è chiarissimo è l’Agente della riscossione che, eventualmente, deve chiamare in causa l’Ente Impositore.

Quindi del tutto infondata è la pretesa dell’agente della riscossione di far gravare sul contribuente la chiamata in causa dell’Ente Impositore.

Ma non basta: “La chiamata in causa dell’Ente Impositore ricade sull’agente della riscossione e non deve essere autorizzata dal Giudice. … la chiamata in causa prevista dall’art. 39 del DLGS  n. 112/1999 non ha natura processuale, bensì sostanziale. Dalla natura meramente sostanziale della litis denuntiatio consegue che la chiamata in causa dell’ente creditore, ex art. 39 DLGS  n. 112/1999, può avvenire con qualunque modalità (raccomandata a.r., notifica tramite ufficiale giudiziario, ecc.), liberamente scelta dall’agente della riscossione, idoneo a portare a conoscenza dell’ente l’esistenza della lite.

Pertanto, l’agente della riscossione non ha necessità di alcuna autorizzazione (da parte del giudice) per chiamare in causa l’ente creditore. Attendere, dunque, l’udienza di trattazione del merito del ricorso per chiedere e ottenere l’autorizzazione a chiamare in causa l’ente creditore, appare gravemente lesivo della posizione del contribuente e dei principi che sorreggono l’intero sistema processuale anzitutto, in termini di ragionevole durata del processo, perché verrebbe ingiustificatamente disatteso il principio sancito dall’ art. 111 della Costituzione, che impone la concentrazione del tempo della lite” (CTP Brescia sentenza n. 90 del 19/2/2018, Conforme Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 21/6/2019, n. 16685).

Pertanto, è inammissibile la domanda dell’Agente della Riscossione di avere un termine per chiamare in causa l’Ente Impositore. L’Agente della Riscossione deve provvedere a chiamare in causa l’Ente Impositore in via autonoma prima dell’udienza di comparizione.

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