ACCERTAMENTO BANCARIO. ACCERTAMENTO FISCALE. QUANDO SI PRESUMONO RICAVI LE MOVIMENTAZIONI BANCARIE?

Ordinanza n. 14353/2022, pubblicata in data 5.5.2022, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria (Presidente: Biagio Virgilio, Cons. relatore: Filippo D’Aquino).

Accertamento bancario e presunzione di ricavi. Le movimentazioni bancarie in accredito e addebito sono presunte maggiori ricavi nel caso in cui non vi sia indicazione del beneficiario e tali operazioni non risultino dalle scritture contabili. Se dette operazioni sono indicate nella documentazione contabile non è applicabile la presunzione e nulla rileva la contestazione della inattendibilità complessiva della contabilità.

FATTO

La società contribuente ha impugnato un avviso di accertamento, relativo a diverse movimentazioni bancarie in accredito e addebito, le quali venivano qualificate come ricavi non contabilizzati, in quanto risultanti da contabilità inattendibile e non giustificati a termini degli artt. 32, 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

La contribuente ha impugnato l’avviso, contestando l’insussistenza dei presupposti per procedere con l’accertamento, ha ritenuto giustificate le movimentazioni, risultanti dalla contabilità e ha, infine, contestato errori di calcolo. La CTP di Roma ha accolto il ricorso, ritenendo attendibile la contabilità della società contribuente, mentre la CTR del Lazio ha accolto l’appello dell’Ufficio.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 51, secondo comma, d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inattendibile la contabilità. La ricorrente sosteneva che, ai fini dell’inattendibilità della contabilità, occorre che risultino congiuntamente sia la mancata contabilizzazione delle movimentazioni bancarie, sia la mancata indicazione dei beneficiari, dovendosi invero ritenere che ove si dimostri l’esistenza di una di queste due circostanze, dovrebbe ritenersi fornita la prova contraria da parte del contribuente. Al riguardo, il ricorrente osservava che le operazioni risultavano correttamente registrate in contabilità e deduceva che i prelevamenti avevano la funzione di futuri acquisti di partecipazioni e che i versamenti erano acconti versati dai soci a titolo di finanziamento per futuri acquisti di partecipazioni, essendo la causale del finanziamento da ascrivere all’aumento di capitale nella società partecipata X. Osservava, inoltre, che nell’accertamento dovrebbe tenersi conto dell’incidenza dei costi, da dedurre dall’ammontare dei prelievi ingiustificati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Cassazione accoglieva il citato motivo per le ragioni di cui in seguito.

Secondo l’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 in materia di movimentazioni finanziarie, come dalla formulazione pro tempore, «sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni».

Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, le movimentazioni bancarie possono essere oggetto di accertamento presuntivo di maggiori ricavi,

in quanto l’art. 32 cit., al pari dell’art. 51 d.P.R. n. 633/1972, «impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari» (Cass., Sez. V, 4 aprile 2022, n. 10712; conf. Cass., Sez. V, 5 luglio 2021, n. 18965; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2021, n. 4332; Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2020, n. 27634; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21707; Cass., Sez. V, 26 giugno 2020, n. 12820; Cass., Sez. V, 14 gennaio 2020, n. 432; Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 714).

Il presupposto per la ripresa a imposizione, secondo il disposto dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, di operazioni risultanti dalle movimentazioni bancarie è, pertanto, la mancata annotazione delle movimentazioni bancarie attenzionate dall’Ufficio tra le registrazioni contabili (annotazioni su libro giornale, sul registro dei compensi e delle spese o sui registri IVA).

È in base a tale mancata corrispondenza che insorge l’imputazione presuntiva a ricavi dei prelievi (presuntivamente ascrivibili a costi per acquisti e, quindi, presunzione normativa di successivo ricavo non dichiarato destinato ad attività di impresa: Corte cost., 8 giugno 2005, n. 225) e dei versamenti (presuntivamente ascrivibili a ricavi non dichiarati), per i quali non si disponga di documentazione giustificativa.

La presunzione di imputazione di ricavo per i versamenti e i prelevamenti risultanti dalla documentazione bancaria è, pertanto, fondata sul presupposto del mancato riscontro in contabilità delle movimentazioni stesse, che il contribuente può vincere provando che le operazioni siano registrate in contabilità o che non abbiano rilevanza reddituale, indicandone i beneficiari (Cass., Sez. V, 24 luglio 2012, n. 13036), dando così la prova di avere tenuto conto delle somme oggetto delle movimentazioni ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta, utilizzando i «prelevamenti per pagare determinati beneficiari, oppure fornendo la prova analitica della eventuale “irrilevanza” di quei movimenti, perciò riferibile al singolo movimento bancario» (Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16686).

Il giudice di appello, facendo riferimento alla inattendibilità della contabilità, ha effettuato un accertamento fuori bersaglio, non richiesto dalla norma, a conforto della deduzione di falsa applicazione di legge correttamente formulata dal ricorrente. Tale inattendibilità (complessiva) della contabilità, come detto, è irrilevante ai fini dell’applicazione della presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600/1973.

La contestazione della attendibilità impone invece al contribuente di dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass., Sez. V, 9 marzo 2021, n. 6405; Cass., Sez. VI, 5 maggio 2017, n. 11102; Cass., Sez. V, 29 luglio 2016, n. 15857; Cass., Sez. V, 4 agosto 2010, n. 18081). A questo onere della prova corrisponde un preciso obbligo del giudice del merito di verificare rigorosamente l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., Sez. V, 27 luglio 2021, n. 21546; Cass., Sez. V, 30 giugno 2020, n. 13112; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10480; Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21800), compito che non può ritenersi assolto da un generico disconoscimento della contabilità nel suo complesso, pena la falsa applicazione della norma in oggetto.

La Supremo Corte ha enunciato, quindi il seguente principio di diritto: «L’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, al pari dell’art. 51 d.P.R. n. 633/1972, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari; nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria contesti complessivamente l’inattendibilità della contabilità, il giudice del merito deve, in ogni caso, verificare l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione al fine di verificare che le movimentazioni bancarie siano o meno riferibili ad operazioni imponibili ai fini reddituali».

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