IL REGIME FISCALE DEGLI IMMOBILI ALL’ESTERO. GLI IMMOBILI ALL’ESTERO DEVONO ESSERE DICHIARATI E TASSATI ANCHE IN ITALIA? FATTO E QUESITO DEL CONTRIBUENTE.

Agenzia delle Entrate, in data 25.9.2020, faceva pervenire al contribuente persona fisica (residente anagraficamente sia in Italia che Germania) una comunicazione mediante la quale invitava quest’ultimo a compilare, firmare e restituire un questionario entro e non oltre 15 gg dalla ricezione. Nel caso contrario sarebbe stata applicata una sanzione da € 250,00 a € 2.000,00 e si sarebbe proceduto con accertamento induttivo del reddito, ex art. 39, comma 2, DPR 600/1973 (e quindi in via presuntiva).

Agenzia delle Entrate comunicava inoltre che, a seguito dello scambio automatico tra i Paesi membri (Direttiva 2011/16/UE del Consiglio del 15.2.2011 – cd. DAC 1 – Proprietà e redditi immobiliari) risultava che il contribuente possedesse, nel periodo d’imposta 2015, immobili ubicati in un Paese estero (Germania), senza avere adempiuto agli obblighi relativi al Monitoraggio fiscale (compilazione del quadro RW) e senza avere provveduto a dichiarare i relativi redditi e avere pagato la relativa IVIE.

A seguito della suddetta comunicazione, il contribuente si è rivolto allo Studio (Studio Legale Kòsa MusacchioClick Avvocato), richiedendo chiarimenti in relazione ai suoi obblighi tributari. Il contribuente, a tal fine, faceva presente di avere acquisito gli immobili ubicati in Germania mediante successione dal proprio padre, di lavorare ed abitare nella maggior parte dell’anno in Germania, di avere residenza anagrafica sia in Italia che in Germania, di avere la propria madre in Italia che viene a trovare molto spesso e di non avere familiari e/o parenti stretti oltre a quest’ultima.

IMMOBILI ALL’ESTERO – QUALI SONO GLI OBBLIGHI TRIBUTARI?

I soggetti residenti fiscalmente in Italia che possiedono un immobile all’estero sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi, modello Redditi Persone Fisiche. All’interno della dichiarazione vi è l’obbligo di monitoraggio dei suddetti immobili nel quadro RW. Tale circostanza potrebbe comportare il pagamento di una imposta patrimoniale chiamata IVIE. L’IVIE, è l’imposta patrimoniale dovuta sul valore degli immobili detenuti all’estero da parte dei contribuenti residenti fiscalmente in Italia.

L’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. L’aliquota è pari, ordinariamente, allo 0,76% del valore degli immobili, ed è calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali il possesso c’è stato (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni).

Il versamento non è dovuto se l’importo complessivo (calcolato a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta) non supera i 200 euro. In questo caso, il contribuente non deve neanche indicare i dati relativi all’immobile nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW2. L’aliquota scende allo 0,4% per gli immobili adibiti ad abitazione principale che in Italia risultano classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo ammontare).

QUANDO RISULTERÀ UNA PERSONA FISICA RESIDENTE FISCALMENTE IN ITALIA?

I suddetti obblighi dichiarativi ed eventualmente di pagamento dell’IVIE riguardano solo i soggetti residenti fiscalmente (e non anagraficamente) in Italia.

Nell’ordinamento interno italiano, al fine di stabilire la residenza fiscale delle persone fisiche, occorre fare riferimento alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base al quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento (cioè negli anni solari considerati) una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.

Ciò implica che, indipendentemente dalla iscrizione nella anagrafe della popolazione residente, assume fondamentale importanza, ai fini della qualificazione fiscale del medesimo quale soggetto residente in Italia, la verifica della sussistenza di almeno uno dei restanti requisiti (residenza e domicilio). In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio.

La residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Essa è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi. Cosicché l’abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (cfr. Circ. 14 marzo 1986, n. 1738).

Il domicilio di una persona, invece, coincide con “la sede principale dei suoi affari ed interessi” a prescindere dalla presenza effettiva in tale luogo. La locuzione in esame deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari (cfr. Circ. 26 ottobre 1968, n. 3586; Circ. 12 febbraio 1973, n. 435).

La giurisprudenza italiana ha inteso dare particolare rilievo, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed affettivi della persona, partendo dalla sfera delle relazioni personali, intese come vincoli familiari (cfr. inter alia Sentenze della Corte di Cassazione, Sezione V, n. 9723/2015 e n. 12311/2016).

COME SI RISOLVE IL CONFLITTO DI RESIDENZA FISCALE?

In caso di contestuale residenza fiscale italiana e tedesca, in virtù dell’applicazione al caso di specie delle vigenti normative interne, si verrebbe a determinare un conflitto di residenza tra i due Paesi che deve essere risolto facendo ricorso alle disposizioni della Convenzione tra Italia e Germania per evitare le doppie imposizioni sul reddito, che stabilisce come deve essere ripartito il potere impositivo fra i due Stati contraenti (https://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/Varie/GERMANIA_1989-Testo_G.U._ita.pdf).

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione l’espressione “residente di uno Stato contraente” “designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza (…) o di ogni altro criterio di natura analoga”.

Pertanto, in base alla normativa convenzionale, ciascuno Stato individua i propri residenti fiscali in base alle leggi domestiche. Ai sensi del successivo paragrafo 2 del citato articolo 4, qualora una persona fisica risulti residente di entrambi gli Stati, la stessa è considerata, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:

  • ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
  • dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
  • nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
  • quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.

Sulla base dei suddetti criteri dovrà essere, prima di tutto, risolto il conflitto di residenza e stabilita la residenza fiscale del contribuente. Nel caso in cui quest’ultimo risultasse residente fiscalmente in Italia, quest’ultimo avrà l’obbligo di dichiarare i propri immobili detenuti all’estero ed eventualmente pagare l’imposta patrimoniale (IVIE).

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