Interpello disapplicativo. Quando può ritenersi tardivo? La Cassazione chiarisce che l’interpello disapplicativo, al pari dell’interpello ordinario, ha lo scopo di far conoscere al contribuente la risposta dell’Ufficio, positiva o negativa, circa la non applicabilità di una disposizione antielusiva.

Trattandosi di comportamento diretto a conoscere ed applicare il convincimento dell’Ufficio in relazione all’oggetto dell’interpello, deve necessariamente essere presentata precedentemente all’adozione del comportamento oggetto dell’istanza del contribuente.

Cassazione tributaria – ordinanza n. 7462/2023 del 15/03/2023 (Presidente Lucio Luciotti, Cons. Rel. Filippo D’Aquino).

FATTI DI CAUSA. AGENZIA DELLE ENTRATE DICHIARA INAMMISSIBILE L’INTERPELLO DISAPPLICATIVO.

La società contribuente ha impugnato un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, avente ad oggetto la declaratoria di inammissibilità di istanza di interpello disapplicativo a termini dell’art. 37-bis, comma 8, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

La ricorrente deduceva che la disciplina dell’interpello disapplicativo non fosse sottoposta ad alcun termine finale ai fini dell’ammissibilità dello stesso, in quanto la preventività dell’interpello rispetto alla presentazione della dichiarazione operi unicamente in relazione all’interpello ordinario.

La contribuente osservava inoltre che l’istanza di interpello doveva essere ritenuta tempestiva, in ogni caso, in quanto le perdite sarebbero state meramente indicate nella dichiarazione, ma sterilizzate riguardo al loro utilizzo, così a evidenziare una sorta di «stallo», riguardo al quale il comportamento del contribuente (in forza del mancato utilizzo nella dichiarazione 2010) dovrebbe ritenersi tempestivo in relazione alla presentazione dell’interpello.

AdE ha proposto motivo incidentale condizionato, sostenendo che la sentenza impugnata è errata dove ha ritenuto ammissibile l’impugnazione avverso la declaratoria di inammissibilità dell’interpello disapplicativo, trattandosi di atto meramente interlocutorio, privo di incidenza sulla posizione del contribuente.

MOTIVI DELLA DECISIONE. QUANDO PUÒ RITENERSI TARDIVO L’INTERPELLO DISAPPLICATIVO?

La Cassazione ha chiarito che l’interpello disapplicativo, al pari dell’interpello ordinario, ha lo scopo di far conoscere al contribuente la risposta dell’Ufficio, positiva o negativa, circa la non applicabilità di una disposizione antielusiva.

Trattandosi di comportamento diretto a conoscere ed applicare il convincimento dell’Ufficio in relazione all’oggetto dell’interpello, deve necessariamente essere presentata precedentemente all’adozione del comportamento oggetto dell’istanza del contribuente, per cui l’interpello deve ritenersi tempestivo quando sia formulato in tempo utile, affinché il contribuente possa porre in essere il comportamento posto ad oggetto dell’istanza (Cass., Sez. V, 22 gennaio 2020, n. 1317) e non anche successivamente.

La Corte ha ritenuto che la presentazione dell’interpello anche un giorno prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione comporta il verificarsi di una situazione analoga a quella in cui l’Ufficio chiederebbe una integrazione documentale, come anche nel caso in cui il contribuente presentasse una dichiarazione integrativa, ritenendo che la presentazione dell’interpello deve comunque essere presentata in tempo utile in relazione ad eventuali successivi adempimenti («la presentazione dell’interpello in tempo utile risponde, quindi, anche ad un interesse del contribuente, e non solo dell’amministrazione»).

Nel caso in esame, essendo l’interpello è stato proposto successivamente alla stessa dichiarazione integrativa della società contribuente, l’istanza del contribuente deve ritenersi proposta non in tempo utile per l’emissione da parte dell’Ufficio di una risposta idonea a orientare il comportamento del contribuente.

La Corte concorda inoltre con il giudice d’appello, secondo cui l’indiscriminata proponibilità di interpelli che prescindano dalla possibilità di sindacare i relativi pronunciamenti dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, che siano finalizzati a far conoscere astrattamente al contribuente gli intendimenti dell’Ufficio, anche a prescindere dagli obblighi dichiarativi, comporterebbe l’ammissibilità di una azione di accertamento nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, non prevista dalla struttura del processo tributario.

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(Studio Legale Kòsa – Di Domenico).