ISTANZA DI RATEAZIONE. LA SEMPLICE ISTANZA DI DILAZIONE NON COSTITUISCE RICONOSCIMENTO DI DEBITO E CONSEGUENTEMENTE NON INTERROMPE LA PRESCRIZIONE.

La Corte di appello di Milano – Sezione Lavoro (Cons. rel. Dott.ssa Dossi Giulia, Presidente Dott.ssa Monica Vitali), tranne il citato principio relativo alla istanza di rateazione, diventato ormai consolidato, ritiene di contrastare le prevalenti pronunce della Suprema Corte e sostiene apertamente che:

  • le notifiche proveniente da PEC non presenti nei Pubblici Registri non sono da ritenere invalide, si tratta di una semplice irregolarità, senza effetto invalidante;
  • la cartella non sottoscritta e trasmessa da un indirizzo non censito deve ritenersi valida, in quanto non fa sorgere alcun dubbio sulla sua attribuibilità all’ente;
  • per ritenere regolare la notifica ex art. 140 c.p.c. è sufficiente provare la sola spedizione della raccomandata informativa (e non anche ricezione), in quanto la norma prevede una raccomandata “semplice” e non raccomandata con avviso di ricevimento;
  • la prescrizione dei crediti previdenziali non è sollevabile in caso di cartella di pagamento diventata definitiva, nonostante le previsioni dell’art55, comma 2, del regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827 che dichiara irrinunciabile e sottratta dalla disponibilità delle parti la prescrizione dei crediti previdenziali.

Si spera semplicemente che dette conclusioni della Corte di Milano non facciano giurisprudenza, in quanto, oltre a contrastare con la giurisprudenza della Suprema Corte, contrastano altresì con fondamentali principi di diritto.

Corte di appello di Milano – Sezione Lavoro – Sentenza n. 898/2022 (RG. n. 571/2022, Cons. rel. Dott.ssa Dossi Giulia, Presidente Dott.ssa Monica Vitali) depositato in cancelleria in data 9.12.2022.

ISTANZA DI RATEAZIONE. FATTI DELLA CAUSA.

Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso del contribuente avverso cartelle di pagamento contenenti crediti previdenziali, sostenendo che

  • l’istanza di rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento comportava l’interruzione del termine di prescrizione e
  • si poneva in maniera incompatibile con l’allegazione attorea di non aver ricevuto notifica delle cartelle.

Il contribuente impugnava la suddetta sentenza affidandosi a cinque motivi.

Con il primo motivo censurava la pronuncia laddove ha ritenuto che le istanze di rateizzazione interrompano il termine di prescrizione dei crediti oggetto delle cartelle. Nell’ottica del gravame, le istanze di rateizzazione non costituiscono acquiescenza, né riconoscimento di debito da parte del contribuente, e, conseguentemente, non hanno efficacia interruttiva della prescrizione. Ciò a maggior ragione nel caso di specie, in cui le istanze erano state presentate dal contribuente al solo fine di prevenire azioni esecutive e cautelari da parte dell’agente della riscossione.

Con il secondo motivo il contribuente impugnava la sentenza per non aver dichiarato prescritti i crediti di cui alle cinque cartelle di pagamento impugnate, inerenti a contributi Inail.

Con il terzo motivo, per l’ipotesi in cui i crediti oggetto di alcune cartelle non vengano ritenuti prescritti, parte appellante ripropone istanza di querela di falso ex art. 221 c.p.c. in relazione alle attestazioni del messo notificatore apposte sui relativi avvisi di ricevimento. Deduceva il ricorrente che la persona a cui erano state consegnate le cartelle era stata successivamente da lui identificata in Leonarda Parisi, la quale, nel periodo in cui erano avvenute le notifiche, prestava assistenza per due o tre ore alla settimana presso la nonna dell’appellante (Maria Mazzucco), che non conviveva con quest’ultimo, ma abitava al piano superiore.

Con il quarto motivo il contribuente criticava la pronuncia per avere ritenuto che le istanze di rateizzazione abbiano sanato qualsiasi notifica inesistente, omessa o nulla. Evidenziava quindi il ricorrente che la nullità della notifica delle cartelle esattoriali è sanabile solo ed esclusivamente mediante tempestiva proposizione di impugnazione avverso la cartella, da cui risulti che il contribuente abbia avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto ed abbia potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa. Mediante la richiesta di rateizzazione, invece, il contribuente non dimostra di avere preso effettiva e/o giuridica tempestiva conoscenza del contenuto dell’atto, sicché detta richiesta non ha alcuna efficacia sanante della nullità della notifica.

Con il quinto motivo il contribuente deduceva l’inesistenza della notifica delle cartelle provenienti da indirizzo PEC del mittente non presente negli elenchi pubblici. Deduceva quindi che l’intimazione di pagamento risultava proveniente dall’indirizzo proceduresulterritorio.mi.notAVII@pec.equitalianord.it, non presente nei pubblici registri e quindi non attribuibile alla controparte. L’appellante affermava inoltre che non sarebbe verificabile la sottoscrizione digitale dell’atto, in quanto agli atti solo in file scansionato in formato .pdf.

Sulla base dei motivi suesposti l’appellante chiedeva l’integrale riforma della sentenza impugnata e l’accertamento dell’intervenuta prescrizione dei crediti oggetto delle cartelle di pagamento. Entrambi gli appellati si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello avversario e la conferma della sentenza gravata.

ISTANZA DI RATEAZIONE. MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello proposto dal contribuente veniva ritenuto in parte fondato, limitatamente all’intervenuta prescrizione estintiva dei crediti oggetto di una cartella esattoriale.

ISTANZA DI RATEAZIONE. VA VALUTATO CASO PER CASO SE L’STANZA È IDONEA AD INTERROMPERE LA PRESCRIZIONE.

In relazione al primo motivo di gravame, la Corte condivideva la censura concernente l’efficacia interruttiva della prescrizione, ricondotta dal Tribunale alle istanze di rateizzazione, in difetto del necessario contenuto ricognitivo delle obbligazioni contributive, da valutarsi in concreto, con riferimento alle caratteristiche della fattispecie oggetto di causa.

Al riguardo la Corte richiamava la pronuncia della Corte di appello di Milano n. 1144/2021 (pres. Vitali, est. Pattumelli), che ha statuito quanto segue:

Si rileva che, su tale questione questa Corte si è già espressa, in analoga fattispecie, con sentenza n. 238/2020, con le seguenti motivazioni:

“in merito alla valenza dell’istanza di rateazione del debito, va evidenziato che – … – la Suprema Corte di Cassazione, nel giungere al riconoscimento di efficacia interruttiva della prescrizione alla presentazione dell’istanza di rateazione in alcuni casi, escludendola in altri, evidenzia la necessità, per il giudice di merito, di condurre una valutazione caso per caso del contenuto dell’istanza medesima, per accertare se essa abbia in concreto contenuto tale da essere qualificabile come riconoscimento di debito – come nel caso di specie- oppure no”.

A tale statuizione il Collegio riteneva, quindi, di dare continuità.

Anche recentemente, il Supremo Collegio, nella medesima materia oggetto del presente procedimento, ha ritenuto che sia riservata al Giudice di merito – con accertamento non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da corretta motivazione – “l’indagine diretta a stabilire se una dichiarazione costituisca riconoscimento” (Cass. 1.3.2021, n. 5549).

Il criterio indicato a tal fine dalla Corte di Cassazione è quello secondo cui “il riconoscimento di debito, quale atto interruttivo della prescrizione, pur non avendo natura negoziale, ne carattere recettizio e costituendo un atto giuridico in senso stretto, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto, ma richiede altresì in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la dichiarazione possa avere finalità diverse o che lo stesso riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore, dunque può (Cass. 24555/2010) anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore”.

ISTANZA DI RATEAZIONE. LA SEMPLICE ISTANZA DI DILAZIONE NON PUÒ RITENERSI ESPRESSIONE VOLTA AL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO.

La Corte chiariva che nella fattispecie per cui è causa, l’esame delle domande di rateizzazione (cfr. docc. 7, 8, 9 e 10 fascicolo Agenzia delle Entrate – Riscossione) consente di rinvenire unicamente la richiesta del ricorrente di ottenere la dilazione di pagamento, mancando qualsiasi espressione volta al riconoscimento dei debiti portati dai titoli nelle stesse indicati.

Riteneva perciò il Collegio di escludere la valenza di riconoscimento di debito – e dunque l’efficacia interruttiva della prescrizione – delle richieste di rateizzazione in parola, siccome volte unicamente a prolungare i tempi di pagamento evitando azioni esecutive.

NOTIFICHE PROVENIENTE DA PEC NON CENSITE. NON HANNO ALCUN EFFETTO INVALIDANTE SECONDO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO.

Ad avviso della Corte, i rilievi inerenti la provenienza della PEC da un indirizzo non censito nei pubblici elenchi e l’asserita impossibilità di verificare la sottoscrizione digitale dell’intimazione di pagamento non hanno alcun effetto invalidante dell’atto, né tanto meno della notifica, non sussistendo – né essendo stata dedotta – alcuna reale incertezza in ordine alla provenienza di essi dal concessionario della riscossione, né essendo stato prospettato alcun concreto dubbio in relazione all’integrità o eventuale alterazione del file allegato al messaggio trasmesso per posta elettronica certificata.

L’ATTO DI RISCOSSIONE ALLEGATO ALLA PEC SPEDITA DA INDIRIZZO NON CENSITO E NON SOTTOSCRITTO NON COMPORTA L’INVALIDITÀ DELL’ATTO STESSO.

In ordine alla lamentata impossibilità di verificare la sottoscrizione dell’atto la Corte richiamava la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui “l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. 5 dicembre 2014, n. 25773; 27 febbraio 209, n. 4757).” (cfr. Cass., 13 maggio 2016 n. 9872).

PER RITENERE REGOLARE LA NOTIFICA EX ART. 140 C.P.C., SECONDO LA CORTE DI MILANO, È SUFFICIENTE PROVARE LA SPEDIZIONE DELLA RACCOMANDATA INFORMATIVA (E NON ANCHE LA RICEZIONE), IN QUANTO LA NORMA PREVEDE UNA RACCOMANDATA “SEMPLICE” E NON CON AVVISO DI RICEVIMENTO.

Né rileva la mancata produzione in giudizio della ricevuta di ricevimento di detta raccomandata, atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. a), d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 mediante consegna a persona diversa dal destinatario, “deve essere seguita dalla spedizione della raccomandata informativa “semplice”, e non con avviso di ricevimento, atteso che la lett. b-bis) dello stesso comma 1 fa riferimento alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni, trovando giustificazione tale procedura semplificata nella ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (familiari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) che hanno con lo stesso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a tale fine (cfr. Cass. V, n. 2377/2022) (cfr. Cass., 2 settembre 2022 n. 25960).

SECONDO LA CORTE DI MILANO LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI PREVIDENZIALI NON È PIÙ SOLLEVABILE SE LA CARTELLA DI PAGAMENTO È DIVENTATA DEFINITIVA, NONOSTANTE LE PREVISIONI DELL’ART55, COMMA 2, DEL REGIO DECRETO LEGGE 4 OTTOBRE 1935, N. 1827.

La Corte di appello di Milano, facendo riferimento ad alcuni arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità, riteneva che “allo spirare del termine di quaranta giorni per l’impugnazione la cartella è divenuta irretrattabile, con la conseguenza che in sede di opposizione all’intimazione, quest’ultima notificata entro il termine di cinque anni, non può più farsi questione della prescrizione asseritamente maturata in epoca antecedente alla cartella (nel senso che l’omessa impugnazione della cartella nel prescritto termine perentorio produce l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo Cass. n. 23397 del 17/11/2016)” (cfr. Cass., 1 marzo 2022 n. 6713).

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