Lavoratori impatriati. L’articolo 16 del D. Lgs n. 147 del 2015, modificando il “vecchio” regime impatriati stabilisce che i lavoratori che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta – coincidenti generalmente con due anni – e, tornando nel Bel Paese, si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni, prestando attività lavorativa in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento.

LAVORATORI IMPATRIATI. IL REGIME DEGLI IMPATRIATI. VANTAGGI PER I LAVORATORI CHE RIENTRANO DALL’ESTERO.

Quanto sopra esposto, comporta, di fatto, che il lavoratore si veda riconosciuto “un aumento” in via indiretta del compenso netto concordato con il datore di lavoro.

Lavoratori impatriati. L’agevolazione (di non poco conto!), si applicherà per cinque periodi d’imposta e, per ulteriori cinque – per un totale di 10 – qualora il beneficiario nel periodo in cui si faccia richiesta di estensione, abbia almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo e/o sia proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia.

Per quanto attiene a quest’ultimo requisito “estensivo”, è chiarito, inoltre, che l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In entrambi i casi, i redditi, nel caso di estensione quinquennale, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare.

Invece, per i lavoratori impatriati che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare.

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(Studio Legale Kòsa – Di Domenico).