La pensione erroneamente erogata dall’INPS non deve essere restituita. Secondo l’art. 52, comma 2 della L. n. 88 del 1986, in caso di riscossione di rate di pensione (prestazione previdenziale e/o assistenziale) risultanti successivamente non dovute, non è ammesso il recupero delle relative somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo del beneficiario. Detto principio viene confermato anche dall’art. 13 della L. n. 412/1991, secondo cui la sanatoria opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento dell’INPS, comunicata al beneficiario e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo, si precisa nuovamente, che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato.

Sentenza n. 482/2017 e n. 8564/2016 della Suprema Corte di Cassazione – Sentenza n. 166/1996 della Corte Costituzionale – Circolare INPS n. 31/2006

Se le somme sono state percepite in buona fede, il pensionato (o titolare della prestazione previdenziale e/o assistenziale) viene tutelato dalla rettifica (peggiorativa o addirittura revocativa) del provvedimento dell’INPS ed il beneficiario non sarà tenuto alla restituzione. Ciò avviene anche quando l’errore consiste nella mancata e/o erronea valutazione del diritto alla prestazione. Resta fermo, però, la possibilità di rettifica, in ogni momento, da parte dell’INPS, del provvedimento errato ed il nuovo provvedimento avrà piena valenza per il futuro.

Detto principio viene confermato e consolidato anche dalla giurisprudenza, ex multis la recente sentenza n. 482/2017 della Suprema Corte, secondo cui “le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato”.

La regola viene applicata anche al caso in cui l’Istituto ha errato o ha mancato di valutare fatti sopravvenuti al provvedimento, di cui era a conoscenza (es. scadenza della contitolarità della pensione ai superstiti, liquidazione di pensione al minimo a titolare di altra pensione al minimo, scadenza dell’assegno di invalidità, scadenza della pensione di reversibilità etc.) le somme non si dovranno restituire.

PENSIONE ERRONEAMENTE EROGATA. INDEBITA EROGAZIONE IMPUTABILE AL COMPORTAMENTO DOLOSO DEL BENEFICIARIO

Diverso è il caso in cui l’errore non sia imputabile all’INPS, bensì al comportamento doloso dell’interessato oppure di una omessa o incompleta segnalazione da parte dell’interessato di fatti, anche diversi dalle situazioni reddituali, incidenti sul diritto o sulla misura delle prestazione, che non siano già conosciuti dall’Istituto (cfr. Circolare INPS, n. 31/2006). In tal caso, le somme indebitamente erogate in conseguenza di tale errore, saranno integralmente recuperabili.

L’INPS procede annualmente all’emissione di moduli di dichiarazione di dati reddituali al fine di verificare le situazioni reddituali dei pensionati non conosciute che incidono sulla misura o sul diritto alla prestazioni. Qualora venga accertato un indebito pensionistico a seguito di verifica sulla situazione reddituale che incide sulla misura o sul diritto delle prestazioni, l’Istituto procederà al recupero delle somme indebitamente erogate nei periodi ai quali si riferisce la dichiarazione reddituale. Ciò solo qualora la notifica dell’indebito avvenga entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è stata resa la dichiarazione da parte del pensionato.

PENSIONE ERRONEAMENTE EROGATA. PRESCRIZIONE DEL DIRITTO DELL’INPS ALLA RESTITUZIONE DELLE SOMME

Dove sussistano le condizioni per la ripetibilità da parte dell’INPS delle somme indebitamente erogate, il relativo diritto di credito si prescrive nel termine ordinario decennale. Il termine inizia a decorrere dalla data in cui è stato effettuato il pagamento indebito oppure, qualora l’indebito sia da ricollegare a situazioni che devono essere comunicate dall’interessato, il termine di prescrizione decorre dalla data della comunicazione. Inoltre, il recupero delle somme indebitamente erogate può essere effettuato mediante compensazione con le somme arretrate dovute all’interessato tramite trattenute sulle prestazioni pensionistica, oppure tramite pagamento diretto della somma da parte del pensionato, con possibilità di dilazionare le somme.

INPS, rilevando l’errore di calcolo e/o di erogazione indebita, procede al recupero, mediante dirette trattenute sulla pensione stessa.

PENSIONE ERRONEAMENTE EROGATA. LE DIRETTE TRATTENUTE SULLA PENSIONE. COME DIFENDERSI CONTRO LE AZIONI DI RECUPERO ILLEGITTIME DELL’INPS?

Al fine di richiedere la restituzione delle trattenute illegittimamente applicate, il pensionato deve proporre ricorso amministrativo che può essere inviato esclusivamente attraverso una delle seguenti modalità telematiche:

  • online (tramite il Sistema Pubblico di Identità Digitale – SPID almeno di Livello 2 o la Carta Nazionale dei Servizi – CNS) sul sito www.inps.it e utilizzando il percorso “Tutti i servizi” > “Ricorsi Online”;
  • tramite Ente di patronato o altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Istituto.

Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è stabilito dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.

In caso di rigetto del ricorso amministrativo il pensionato può promuovere un’azione giudiziaria presso il Tribunale del lavoro, richiedendo la condanna dell’INPS alla restituzione delle somme illegittimamente trattenute e dei relativi interessi, oltre le spese legali (ex multis, la sent. n. 2230/2020 del Tribunale di Palermo).

Le trattenute risultano illegittime anche nel caso in cui violano la salvaguardia del minimo vitale e devono essere altresì restituite al pensionato.

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(Studio Legale Kòsa – Di Domenico)