TARGHE ESTERE. LA CORTE EUROPEA SULLE TARGHE ESTERE. DIVIETO DI CIRCOLAZIONE. LA CORTE EUROPEA BOCCIA DECISAMENTE LA NORMA. ITALIA HA EMESSO UNA LEGGE IN PALESE VIOLAZIONE DELLE NORMATIVE EUROPEE. LE GIUSTIFICAZIONI APPORTATE RISULTANO IRRAGIONEVOLI E NON COSTITUISCONO MOTIVI IMPERATIVI DI INTERESSE GENERALE (Sentenza del 16.12.2021 CGUE C-274/20 (scarica PDF) – caso Studio Legale Kòsa Musacchio). ITALIA, A SEGUITO DELLA SENTENZA DELLA CGUE, ABROGA LE NORME SULLE TARGHE ESTERE PER EMETTERNE UNA PEGGIORE E PIÙ VIOLATRICE DEI PRINCIPI E NORMATIVE EUROPEI (E NON SOLO)! ART. 93-BIS DEL CDS IN VIGORE DAL 18.3.2022.

Lo Stato italiano, per oltre tre anni, ha incassato elevate sanzioni pecuniarie ed ha causato ingenti danni ai cittadini europei, sulla base di una norma macroscopicamente illegittima. Le giustificazioni del Governo italiano si fondano su delle semplici presunzioni generiche di abuso (scarica PDF), ritenute irragionevoli dalla CGUE e non costituenti motivi imperativi di interesse generale. Secondo la Corte sovranazionale i soggetti definiti dalla stampa italiana “furbetti” sono stati sanzionati per un fatto lecito e meritevole di tutela.

TARGHE ESTERE: È ILLEGITTIMA LA LEGGE ITALIANA SUL DIVIETO DI CUI ALL’ART. 93 CDS COMMA 1-BIS!!! I GIUDICI E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA DEVONO DISAPPLICARE NELL’ATTESA CHE VENGA MODIFICATA.

Il Giudice di Pace di Massa (Dott. Alfredo Bassioni), con ordinanza del 16.6.2020, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), al fine di ottenere una pronuncia pregiudiziale, l’esame del nuovo comma 1-bis dell’art. 93 del Codice della Strada (Causa C-274/20 – Domanda di pronuncia pregiudiziale – Ordinanza di rimessione in forma anonimizzata – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 7.9.2020 – caso Studio Legale Kòsa Musacchio).

Secondo il citato comma « (…) è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero ».

Il Giudice di Pace di Massa, in persona del Dott. Alfredo Bassioni, con ordinanza del 16.6.2020 (RG. n. 183/2019), richiede alla CGUE di verificare se il citato articolo possa, anche solo in maniera indiretta, occulta e/o materiale, limitare o rendere difficoltoso, per i cittadini europei, l’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri, l’esercizio del diritto di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, della libertà di stabilimento e della libertà di prestazioni dei servizi, circolazione di capitale, influire in qualche modo sui suddetti diritti e/o di essere discriminatrice sulla base di nazionalità.

Il giudizio originale rappresentava una opposizione alla contravvenzione, elevata dalla Polizia Stradale di Massa Carrara, ex art. 93 comma 1-bis del Codice della Strada, in quanto il ricorrente, residente (da più di 60 giorni) in Italia, circolava alla giuda di una auto targata in Slovacchia, di proprietà della moglie, residente esclusivamente in Slovacchia.

Parte ricorrente, difesa dall’Avv. Margherita Kòsa del Foro di Milano (Studio Legale Kòsa Musacchio – Click Avvocato) , richiedeva al Giudice del rinvio la disapplicazione del comma 1-bis dell’art. 93 del Codice della Strada, in quanto, ad avviso della stessa, risulta in palese contrasto con gli artt. 18, 21, 26, 45, 49-55, 56-62 del TFUE o, in caso di dubbio, di rimettere la questione per interpretazione alla Corte di Giustizia dell’UE.

Parte attrice sosteneva inoltre che una simile previsione disintegrativa non dovrebbe essere ammissibile nello spazio unico europeo. Gli Stati membri non dovrebbero adottare norme che potrebbero limitare il diritto dei cittadini europei di circolare in qualsiasi Stato membro con auto immatricolate in qualsiasi altro Stato europeo.

Le targhe dovrebbero essere semplicemente europee, non solo formalmente, ma anche sostanzialmente. Dovrebbe esistere un Registro auto unico europeo e tassazione armonizzata. Solo in questo modo i diritti e le libertà di cui al TFUE possono essere garantiti appieno.

È inoltre inaccettabile che un cittadino europeo non possa far revisionare la propria auto in qualsiasi altro Stato membro. Le dette auto dovrebbero potere essere assicurate con qualsiasi Compagnia europea, lasciando regolare tutto solo dal libero mercato, altrimenti il libero mercato assicurativo è, indubbiamente, inesistente.

La presunta motivazione della norma sarebbe la limitazione della “esterovestizione” delle auto. Ma al fine di regolare la “esterovestizione” ovvero al fine di stabilire il Paese di tassazione dei beni e dei redditi esistono apposite convenzioni internazionali. Dette convenzioni, di sicuro, non possono essere modificate e superate mediante semplici norme interne.

Ed in ogni caso, lo Stato italiano, al fine di recuperare la pretesa tassa automobilistica, potrebbe efficacemente procedere contro il proprietario dell’autovettura targata all’estero, mediante un avviso di accertamento o altri atti di procedura tributaria e di riscossione.

L’effetto della norma, ad avviso dei ricorrenti, sembrerebbe univoco – protegge le Compagnie assicurative interne, notoriamente molto care e “fuori mercato”, l’unico motivo per cui molte persone hanno scelto di non immatricolare le proprie auto in Italia. Tale protezionismo occulto è palesemente in contrasto con il mercato unico e con la politica di concorrenza dell’UE.

Ad avviso del Giudice de quo, il divieto di circolare in Italia con una auto immatricolata in un’altro Stato europeo (indifferentemente a chi fosse intestata), da parte di un soggetto residente da più di soli sessanta giorni in Italia, oltre che a far sorgere dubbi su una eventuale violazione di alcuni diritti umani, potrebbe risultare discriminatoria sulla base di nazionalità.

Inoltre, l’obbligo di nazionalizzazione delle auto targate in un’altro Stato europeo, al fine di potere circolare in Italia, sopratutto dopo un soggiorno di così breve durata, potrebbe rendere difficoltoso e/o limitare, in maniera indiretta, ma notevole, l’esercizio dei diritti di alcuni cittadini europei di cui alle succitate norme del TFUE.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 16 dicembre 2021 (C-274/20) (scarica PDF) ha dichiarato illegittima la norma e precisamente che:

“È contraria al diritto dell’Unione una norma nazionale che vieti a chiunque sia residente in uno Stato membro da un periodo superiore a 60 giorni di circolare sul territorio con un veicolo immatricolato in altro Stato membro, quando la norma non tenga conto della temporaneità dell’utilizzo del veicolo sul territorio nazionale”. 

Con la citata pronuncia, la Corte ritiene che il prestito d’uso transfrontaliero a titolo gratuito di un autoveicolo, ricorrente nel caso portato alla sua attenzione dal giudice del rinvio, sia qualificabile come movimento di capitali ai sensi dell’art. 63 TFUE.

Secondo tale norma, sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Paesi membri, intendendosi per “restrizioni” quelle misure imposte da uno Stato membro tali da dissuadere i soggetti colà residenti dal contrarre prestiti in altri Stati membri. 

Osserva la Corte che la legislazione italiana, imponendo ai soggetti residenti in Italia da più di 60 giorni una nuova immatricolazione degli autoveicoli già immatricolati in altro Stato membro, con pagamento dei relativi oneri, finisce per applicare una tassa al comodato d’uso transfrontaliero dei veicoli a motore. Per contro, il comodato d’uso dei veicoli immatricolati in Italia non è assoggettato a questa doppia imposizione. Siffatta differenza di trattamento è in grado di dissuadere i residenti in Italia dall’accettare il comodato d’uso loro offerto dai residenti in un altro Stato membro.

La norma italiana, quindi, costituisce restrizione alla libera circolazione di capitali ai sensi dell’art. 63 TFUE. 

Detta restrizione è ammissibile solo per motivi imperativi di interesse generale, che la Corte non ravvisa nell’ipotesi in esame, e per finalità di contrasto della frode fiscale quando l’autoveicolo immatricolato in uno Stato membro sia destinato all’utilizzo permanente in altro Stato membro. La Corte rimette quindi al giudice del rinvio la valutazione sulla durata e sulla natura dell’uso del veicolo, oggetto del procedimento principale.

Essa afferma, in via di principio, la contrarietà al diritto dell’Unione di una norma nazionale che vieti a chiunque sia residente in uno Stato membro da un periodo superiore a 60 giorni di circolare sul territorio con un veicolo immatricolato in altro Stato membro, quando la norma non tenga conto della temporaneità dell’utilizzo del veicolo sul territorio nazionale.

La norma in esame, come prospettato dalla difesa dei ricorrenti e dal giudice del rinvio, in astratto risulta violare molteplici norme europee, non solo l’art. 63 TFUE che la Corte ha deciso di applicare al caso in esame, in quanto meglio rispecchiava la situazione concreta. Ciò non significa che la norma, al di fuori dei prestiti gratuiti transfrontalieri, possa considerarsi legittimamente applicabile.

ITALIA, A SEGUITO DELLA SENTENZA DELLA CGU, ABROGA LE NORME SULLE TARGHE ESTERE PER EMETTERNE UNA PEGGIORE E PIÙ VIOLATRICE DEI PRINCIPI E NORMATIVE EUROPEI

(E NON SOLO)

Italia, a seguito della citata sentenza, dichiarando di volere adempiere agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, mediante la legge del 23 dicembre 2021, n. 238, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 17.1.2022, in vigore dal 18.3.2022 (60 giorni dalla pubblicazione nella G. U. 17.1.2022), ha apportato alcune modifiche all’art. 93 del Codice della Strada.

Sono stati abrogati tutti i commi relativi alle previsioni sulle targhe estere (commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinques, 7-bis e 7-ter dell’art. 93 Codice della Strada) e veniva inserito in particolare, dopo l’art. 93, l’art. 93-bis con delle previsioni in relazione a veicoli “immatricolati in uno Stato estero e condotti da residenti in Italia”.

Le nuove previsioni contenute nell’art. 93-bis non tengono conto neanche minimamente dei principi enunciati dalla CGUE nella sentenza del 16.12.2021 (C-274/20), anzi sembra una sistematica violazione di ogni singola riga e contenuto della sentenza. Sono inoltre ancora in più evidente contrasto anche con le fondamentali normative europee. Risultano violare ancora più gravemente i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale ed anche alcune convenzioni internazionali.

È incomprensibile la scelta operata dallo Stato italiano, il quale ha totalmente abrogato le norme censurate dalla CGUE per poi emetterne un’altra, ancora più censurabile, disinteressandosi completamente, come detto, della sentenza della Corte e di tutti i diritti e libertà fondamentali dei cittadini UE e cittadini in generale.

Italia, incomprensibilmente, continua per la sua strada di disintegrazione europea che dovrebbe comportare l’avvio da parte della Commissione Europea del procedimento d’infrazione. Le nuove normative sono una offesa, una violenza al diritto europeo, alla autorevolezza della Corte europea e diritti e libertà in genere del cittadino.

COSA PREVEDONO LE NUOVE NORME SULLE TARGHE ESTERE?

I veicoli “1. di proprietà di persona che abbia acquisito residenza anagrafica in Italia sono ammessi a circolare sul territorio nazionale a condizione che entro tre mesi dall’acquisizione della residenza siano immatricolati secondo le disposizioni degli articoli 93 e 94”.

È evidente che, anche in questo caso, la norma non tiene conto neanche minimamente del tempo di permanenza del veicolo su territorio italiano, ma solo della residenza, addirittura anagrafica (che potrebbe non essere quella reale), del proprietario che, come sottolineato dalla Corte sovranazionale, non deve e non può avere alcuna rilevanza.

Nel caso in cui le auto non sono intestate al conducente residente a bordo dell’auto “2. deve essere custodito un documento, sottoscritto con data certa dall’intestatario, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo.

Quando la disponibilità del veicolo da parte di persona fisica o giuridica residente o avente sede in Italia supera un periodo di trenta giorni, anche non continuativi, nell’anno solare, il titolo e la durata della disponibilità devono essere registrati, a cura dell’utilizzatore, in apposito elenco del sistema informativo del P.R.A. di cui all’articolo 94, comma 4-ter.

Secondo l’art. 4-ter “Nel sistema informativo del P.R.A. è formato ed aggiornato l’elenco dei veicoli immatricolati all’estero per i quali è richiesta la registrazione ai sensi del comma 2 dell’articolo 93-bis, secondo la medesima disciplina prevista per l’iscrizione dei veicoli ai sensi della legge 9 luglio 1990, n. 187.

Tale elenco costituisce una base di dati disponibile per tutte le finalità previste dall’articolo 51, comma 2-bis, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157. L’elenco è pubblico”.

Tale iscrizione comporta il versamento della tassa automobilistica, come previsto per le auto immatricolate in Italia. L’auto viene quindi sottoposta ad una doppia imposizione (nel paese d’origine e Italia), in contrasto con i principi regolatori della materia. Tale obbligo di iscrizione nell’“Elenco dei veicoli immatricolati all’estero” equivale ad una immatricolazione in Italia. Che è prevista dopo soli 30 giorni di utilizzo dell’auto in Italia e anche non consecutivi.

“Ogni successiva variazione della disponibilità del veicolo registrato deve essere annotata entro tre giorni a cura di chiunque cede la disponibilità del veicolo stesso. In caso di trasferimento della residenza o di sede se si tratta di persona giuridica, all’annotazione provvede chi ha la disponibilità del veicolo.

In mancanza di idoneo documento a bordo del veicolo ovvero di registrazione nell’elenco di cui all’articolo 94, comma 4-ter, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente e l’obbligo di registrazione deve essere assolto immediatamente dallo stesso.

Ai veicoli immatricolati in uno Stato estero si applicano le medesime disposizioni previste dal presente codice per i veicoli immatricolati in Italia per tutto il tempo in cui risultano registrati nell’elenco dei veicoli di cui all’articolo 94, comma 4-ter”.

Gli obblighi relativi all’utilizzo in Italia delle auto targate all’estero sono chiaramente più onerosi ed impegnativi di quelli previsti dalla normativa precedente e le sanzioni sono macroscopicamente più elevate e sproporzionate.

QUALI SONO LE SANZIONI PREVISTE IN CASO DI OMESSA ESIBIZIONE DEI DOCUMENTI PREVISTI AL COMMA 2 AL MOMENTO DELLA VERIFICA?
1.       SANZIONE PECUNIARIA:

“8. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 2, primo periodo, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000”.

2.       OBBLIGO DI ESIBIZIONE DEI DOCUMENTI ENTRO 30 GIORNI:

“Nel verbale di contestazione è imposto l’obbligo di esibizione del documento di cui al comma 2 entro il termine di trenta giorni”.

3.       FERMO AMMINISTRATIVO:

“Il veicolo è sottoposto alla sanzione accessoria del fermo amministrativo secondo le disposizioni dell’articolo 214 in quanto compatibili ed è riconsegnato al conducente, al proprietario o al legittimo detentore, ovvero a persona delegata dal proprietario, solo dopo che sia stato esibito il documento di cui al comma 2 o, comunque, decorsi sessanta giorni dall’accertamento della violazione”.

4.       IN CASO DI MANCATA ESIBIZIONE SI APPLICA LA SANZIONE PECUNIARIA DA EURO 727 A EURO 3.629:

“In caso di mancata esibizione del documento, l’organo accertatore provvede all’applicazione della sanzione di cui all’articolo 94, comma 3, con decorrenza dei termini per la notificazione dal giorno successivo a quello stabilito per la presentazione dei documenti”.

QUALI SONO LE SANZIONI APPLICATE IN CASO DI PRESTITO DI AUTO, OLTRE 30 GIORNI, NON REGISTRATA AL PRA:
1.       SANZIONE PECUNIARIA:

“9. Chiunque, nelle condizioni indicate al comma 2, secondo periodo, circola con un veicolo per il quale non abbia effettuato la registrazione ivi prevista ovvero non abbia provveduto a comunicare e successive variazioni di disponibilità o il trasferimento di residenza o di sede, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 712 a euro 3.558”.

2.       RITIRO DEL LIBRETTO DI CIRCOLAZIONE:

“Il documento di circolazione è ritirato immediatamente dall’organo accertatore e restituito solo dopo l’adempimento delle prescrizioni non osservate”.

3.       IN CASO DI CIRCOLAZIONE CON LIBRETTO RITIRATO: SANZIONE PECUNIARIA DA EURO 2.046 A EURO 8.186 E FERMO AMMINISTRATIVO:

“Del ritiro è fatta menzione nel verbale di contestazione. In caso di circolazione del veicolo durante il periodo in cui il documento di circolazione è ritirato ai sensi del presente comma, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 216, comma 6” che prevede:

la sanzione pecuniaria da “euro 2.046 a euro 8.186. Si applica la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo o, in caso di reiterazione delle violazioni, la sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo. La durata del fermo amministrativo è di tre mesi, salvo i casi in cui tale sanzione accessoria è applicata a seguito del ritiro della targa”.

È piuttosto evidente che gli oneri previsti in relazione all’utilizzo delle auto immatricolate all’estero sono tali da dissuadere chiunque dall’offrire ed accettare il prestito di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro (v., in tal senso, ordinanza del 10.9.2020, Wallonische Region – Immatricolazione di un veicolo concesso in comodato – da C-41/20 a C-43/20, non pubblicata, EU:C:2020:703, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

Anche la nuovissima norma viola quindi le normative europee e come accertato e dichiarato dalla CGUE non vi sussistono motivi imperativi e di interesse generale, affinché la suddetta violazione possa essere ammessa ed in sostanza neanche ragionevoli motivi.

Si ritiene quindi che Italia debba essere invitato a rivedere nuovamente la propria posizione e/o debba essere avviato procedimento d’infrazione nei suoi confronti.

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