La dichiarazione dei redditi è emendabile in ogni tempo, anche in giudizio (Cass. Civ., Sez. Trib., 23 aprile 2025, n. 10722).

“L’art. 2, co. 8, del d.P.R. n. 322/1988, permette di integrare la dichiarazione dei redditi per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.

In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (cfr. Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione dei redditi sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass. 30/09/2015, n. 19410).

In questa prospettiva è stato affermato che la dichiarazione dei redditi costituisce di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti“.

La Cassazione non ha mancato di precisare che in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione dei redditi affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. 22/07/1998, n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 09/07/1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. 13/01/2016, n. 373).

Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, che è proprio il caso ricorrente nell’ipotesi in esame, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass. 28/11/2018, n. 30796).

Il contribuente, pertanto, non solo può contestare, anche emendando la dichiarazione dei redditi da lui presentata, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito esercitare alcuna azione di rimborso dopo il pagamento della cartella (cfr. Cass. 04/05/2004, n. 8456)”.

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