Cassazione tributaria – ordinanza n. 16595 del 12.6.2023 (Presidente Napolitano Lucio, Cons. rel. Angarano Rosanna).

Rinuncia ai crediti dal socio. La tesi dell’incasso giuridico, secondo cui i crediti (nei confronti della società) a cui rinuncia il socio si considerano, comunque, incassati e dunque tassabili in capo ad esso, non trova più applicazione a partire dalla introduzione dell’art. 88, co. 4-bis, del TUIR, ad opera del Decreto internazionalizzazione (D.Lgs. 147/2015).

RINUNCIA AL CREDITO DEL SOCIO. FATTO.

La vicenda riguardava un socio che aveva rinunciato al rimborso di una parte del finanziamento eseguito in favore della società partecipata, inclusi gli interessi maturati su di esso.

Agenzia delle entrate aveva ritenuto di poter considerare incassati gli stessi, in virtù del suddetto principio dell’incasso giuridico.

RINUNCIA AL CREDITO DEL SOCIO. MOTIVI DELLA DECISIONE.

La Corte, che, invero, in passato ha sempre avallato questa interpretazione, ha invece rigettato le ragioni dell’amministrazione finanziaria, in ragione del fatto che, con l’entrata in vigore del co. 4-bis dell’art. 88 del TUIR, è venuto meno qualsiasi salto d’imposta che giustifichi l’applicazione della fictio iuris.

Nella formulazione originaria dell’art. 88, tale conseguenza era resa possibile dal fatto che la rinuncia dei soci ai crediti verso la società, comportava la non imponibilità delle “somme rinunciate” posto che: non erano considerate sopravvenienze attive, dal lato società, e, tantomeno, erano tassate dal lato del socio.

Per evitare la non imponibilità, l’amministrazione finanziaria, aveva elaborato la finzione dell’incasso giuridico, secondo cui la rinuncia a crediti tassati per cassa ne presuppone l’avvenuta percezione, sotto il profilo tributario.

Senonché, nella pronuncia si osserva correttamente come tale assetto sia stato superato dalla modifica di fine 2015, posto che, alla luce del mutato quadro normativo, il valore fiscale del credito oggetto di rinuncia è stato posto in correlazione con la detassazione; in altri termini, a seguito della rinuncia, il socio aumenta il costo della partecipazione solo nei limiti del valore fiscale del credito e la società beneficia di una sopravvenienza non tassabile solo nei limiti di detto valore.

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