RISARCIMENTO DANNI DA VIOLAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO. SE UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE (O ALTRO ORGANO GIURISDIZIONALE DI ULTIMO GRADO) VIOLA I DIRITTI DEL SINGOLO GARANTITI DALL’UNIONE EUROPEA SI HA DIRITTO AL RISARCIEMNTO DEI DANNI DA PARTE DELLO STATO.

La mancata previsione quale motivo di revocazione l’errata interpretazione di una sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea non viola il diritto europeo. Resta però fermo il diritto dei privati di ottenere un risarcimento nel caso in cui i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto dell’Unione imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro.

Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (nona sezione) del 7.7.2022, nella causa C-261/21.

L’art. 19, par. 1, secondo comma del TUE obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari ad assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

Il relazione al principio di effettività della suddetta tutela, il diritto dell’Unione non obbliga gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che non esista alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, o che l’unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del diritto (v., in particolare, sentenze del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 143, e del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 62).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che le disposizioni di diritto processuale di uno Stato membro che non prevedono quale motivo di revocazione l’errata interpretazione di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea non risultano in contrasto con l’art. 4, par. 3, e l’art. 19, par. 1 e l’art. 267 del TFUE, letti alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Resta fermo, in ogni caso che, i singoli che abbiano, eventualmente, subito un danno per effetto della violazione dei diritti loro conferiti dal diritto dell’Unione causata da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado possono far valere la responsabilità di tale Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni relative al carattere sufficientemente qualificato della violazione e all’esistenza di un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da tali soggetti (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 59, e del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 80).

Infatti, il principio della responsabilità di uno Stato membro per i danni causati ai privati da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili è inerente al sistema del trattato, a prescindere dal fatto che l’origine del danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo.

In considerazione del ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che i singoli traggono dalle norme dell’Unione, la piena efficacia di queste ultime verrebbe rimessa in discussione e la tutela dei diritti che esse riconoscono sarebbe affievolita se fosse escluso che i privati possano, a determinate condizioni, ottenere un risarcimento allorché i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto dell’Unione imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro (sentenza del 4 marzo 2020, Telecom Italia, C‑34/19, EU:C:2020:148, punti 67 e 68).

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